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Accesso agli atti di gara: trasparenza sì, ma con limiti ben definiti

Accesso atti gara

Equilibrio tra il diritto di conoscere e la tutela del segreto commerciale nel nuovo Codice Appalti, alla luce delle pronunce più recenti


Accesso agli atti di gara nel nuovo Codice: trasparenza vs segreti
La verità raramente è pura e non è mai semplice”, scriveva Oscar Wilde. Questa riflessione descrive bene il rapporto complesso tra trasparenza e riservatezza nelle gare d’appalto. Da un lato c’è l’esigenza di luce sull’azione amministrativa – Quis custodiet ipsos custodes? (Giovenale) – per consentire il controllo pubblico e la tutela dei concorrenti. Dall’altro lato vi è la necessità di proteggere i segreti tecnici e commerciali delle imprese che partecipano alle gare. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023) ha cercato di conciliare questi interessi, introducendo una disciplina aggiornata dell’accesso agli atti di gara. In particolare l’art. 35 del Codice, riprendendo i principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nel 2020, apre all’accesso civico generalizzato anche nel settore degli appalti, ma “nei limiti consentiti” dalle esclusioni a tutela di interessi superiori (tra cui la proprietà intellettuale e i segreti industriali). Il messaggio del legislatore è chiaro: massima trasparenza sulle procedure pubbliche, fatte salve le informazioni coperte da segreto commerciale. In parallelo, l’art. 36 del nuovo Codice introduce meccanismi di trasparenza “automatica” verso i partecipanti: alla conclusione della gara, i documenti essenziali (verbali, provvedimenti e offerta dell’aggiudicatario) vengono messi a disposizione di tutti i concorrenti su piattaforma digitale, contestualmente all’aggiudicazione. Al tempo stesso, la stazione appaltante deve decidere sulle eventuali richieste delle imprese di oscurare parti delle loro offerte per ragioni di riservatezza. Questo duplice binario normativo impone un bilanciamento fine tra diritto di conoscere e diritto a proteggere i propri dati sensibili.

Accesso difensivo per i concorrenti: quali documenti si possono ottenere?
Chi ha partecipato a una gara e intende impugnare l’esito (accesso difensivo) gode di un forte diritto di accesso agli atti. In base all’art. 53 del vecchio Codice Appalti (ora ripreso in sostanza dagli artt. 35-36 del nuovo), tutti i concorrenti esclusi o non aggiudicatari possono ottenere copia dei verbali di gara e dell’offerta dell’aggiudicatario, salvo le parti coperte da segreto tecnico o commerciale espressamente segnalate e riconosciute tali. Il principio, consolidato da anni, è che l’accesso ai documenti di gara serve a garantire il diritto di difesa in giudizio: non avrebbe senso contestare un’aggiudicazione senza poter visionare l’offerta vincente. Tuttavia, la trasparenza ha confini precisi. Le “soluzioni migliorative” proposte dall’aggiudicatario, le sue descrizioni tecniche dettagliate, formule, metodologie proprietarie e in generale il know-how aziendale, possono essere oscurati se la divulgazione arrecherebbe un concreto pregiudizio competitivo. Il Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 2384/2025, ha ribadito che la stazione appaltante deve motivare puntualmente l’oscuramento, bilanciando la tutela dei segreti con il diritto di difesa del richiedente. In altre parole, non basta che l’impresa dichiari “riservata” un’intera relazione tecnica: la P.A. deve valutare quali parti siano davvero delicate (ad esempio schemi progettuali originali, formule chimiche, listini interni) e consentire l’accesso al resto. Se invece nega l’ostensione di elementi essenziali, dovrà spiegare perché la loro diffusione metterebbe a rischio gli interessi commerciali (spesso ciò avviene quando si tratta di informazioni innovative, brevetti in corso, metodologie proprietarie non standard). “Scientia potentia est” – la conoscenza è potere – ma nel processo di gara la conoscenza dell’offerta altrui non può trasformarsi in divulgazione indiscriminata di segreti industriali. Il giudice amministrativo tende ad assecondare la tutela del segreto se ritiene che l’elemento oscurato non sia strettamente necessario ai fini del ricorso. Ad esempio, in molte gare di servizi l’offerta tecnica dell’aggiudicatario viene fornita ai concorrenti epurata di specifiche tecniche originali, lasciando comunque accessibili gli aspetti qualitativi generali e i punteggi attribuiti: così chi ricorre può contestare eventuali illegittimità o valutazioni anomale, senza per questo ottenere la “formula segreta” dell’altro concorrente. In pratica, il diritto di difesa del concorrente scontento deve convivere con il diritto dell’impresa aggiudicataria a non vedere divulgati i propri segreti commerciali. Le ultime sentenze confermano un orientamento di equilibrio: trasparenza selettiva, non opacità, ma neppure totale esposizione di informazioni sensibili.

I tempi stretti del rito “super-accelerato”: attenzione ai 10 giorni!
Una novità cruciale del nuovo Codice Appalti è l’introduzione di termini processuali molto brevi per le controversie sull’accesso in gara. L’art. 36, comma 5, D.Lgs. 36/2023 prevede che la decisione della P.A. sulle richieste di oscuramento (cioè cosa non mostrare delle offerte) possa essere impugnata entro 10 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione. Si tratta di un rito speciale accelerato: chi intende contestare un diniego (anche parziale) di accesso deve attivarsi subito, separatamente e prima ancora del ricorso principale sulla gara. La già citata sentenza Cons. Stato n. 2384/2025 ha chiarito che questo termine di dieci giorni decorre dalla notifica della decisione di oscurare gli atti, generalmente contestuale all’avviso di aggiudicazione o immediatamente successiva. In altre parole, appena la stazione appaltante comunica l’esito di gara e indica quali parti dell’offerta restano segrete, scatta un termine brevissimo per reagire. Decorso tale termine, l’accesso negato non potrà più essere fatto valere in giudizio, e il concorrente dovrà eventualmente impugnare l’aggiudicazione senza aver potuto visionare i contenuti riservati. È fondamentale, quindi, per l’operatore economico agire tempestivamente: non appena si riceve la comunicazione di aggiudicazione, occorre verificare se sono state oscurate parti importanti dell’offerta vincente e, in caso affermativo, valutare un ricorso immediato specifico su questo punto. Questo particolare rito (disciplinato dall’art. 116 c.p.a. in combinato disposto con il nuovo Codice) serve a risolvere subito la questione dell’accesso, prima che il TAR entri nel merito dell’eventuale ricorso principale sulla gara. Il vantaggio è che, se il ricorrente ha ragione, potrà ottenere in tempi rapidi un ordine di esibizione e conoscere i documenti prima dell’udienza sul merito dell’aggiudicazione. Di contro, se non si attiva in tempo, perderà definitivamente questa chance procedurale. La giurisprudenza del 2025 ha confermato l’importanza di rispettare questo termine perentorio: in un caso esaminato a marzo, un ricorso sull’oscuramento è stato rigettato perché presentato dopo 12 giorni, quindi fuori tempo. La lezione operativa: per i legali e le imprese, calendarizzare immediatamente la scadenza dei 10 giorni e predisporre il ricorso ad hoc se necessario. Dal canto loro, le stazioni appaltanti dovranno curare di dare comunicazione esplicita delle proprie determinazioni sulle istanze di segretezza, proprio per far decorrere correttamente i termini di legge.

Accesso civico “generalizzato”: tutti possono sapere tutto?
Oltre all’accesso difensivo dei concorrenti, esiste un secondo canale: l’accesso civico generalizzato (FOIA), che consente a chiunque di chiedere documenti alla P.A. anche senza un interesse diretto, per finalità di controllo diffuso. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici recepisce questo istituto all’art. 35, evidenziando però che resta pienamente applicabile l’art. 5-bis del D.Lgs. 33/2013, il quale esclude l’accesso quando ciò possa arrecare un pregiudizio concreto a interessi privati di rilievo, tra cui proprio i segreti commerciali e la proprietà intellettuale. Dunque, se un cittadino, un giornalista o un’impresa non partecipante volesse conoscere gli atti di una gara, potrà invocare il FOIA, ma non avrà mai un diritto incondizionato. Anzi, in materia di appalti la giurisprudenza ha delineato confini piuttosto netti: l’accesso generalizzato non può tradursi in un vantaggio competitivo sleale né violare la fiducia tra P.A. e partecipanti. Una recente pronuncia lo chiarisce in modo esemplare. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 7201/2025 ha affrontato il caso di un soggetto totalmente estraneo a una procedura (nel caso specifico un esperto che, nell’ambito di un’inchiesta giornalistica, chiedeva accesso agli atti di appalto per la gestione di un centro pubblico). La Prefettura aveva fornito alcuni documenti (il contratto e altri atti amministrativi), ma negato l’accesso all’offerta tecnica dell’aggiudicatario, ritenendola coperta da segreto commerciale ai sensi dell’art. 35, comma 4, del nuovo Codice. Il richiedente sosteneva che non vi fossero dati realmente riservati e contestava il diniego per difetto di motivazione. Ebbene, il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità del rifiuto, sancendo un principio di portata generale: anche l’accesso civico negli appalti pubblici richiede un rigoroso bilanciamento caso per caso; non è ammesso svelare automaticamente offerte tecniche o altri documenti contenenti informazioni aziendali sensibili solo perché a chiederle è un soggetto esterno invocando la trasparenza. In particolare, la sentenza n. 7201/2025 sottolinea che concedere a un terzo estraneo ciò che neppure i concorrenti possono vedere integralmente sarebbe irragionevole e lesivo della par condicio e della tutela del know-how. Le amministrazioni, quindi, devono respingere o limitare le istanze FOIA che riguardano dettagli tecnici delle offerte, laddove la loro diffusione possa “ledere gli interessi economici e commerciali delle imprese”. Questo non significa negare ogni forma di trasparenza verso i cittadini: alcuni atti delle gare (bandi, aggiudicazioni, contratti stipulati, verbali di gara) sono ordinariamente pubblicati o accessibili, perché funzionali alla pubblica informazione sull’attività amministrativa. Tuttavia, quando la richiesta punta al “cuore” industriale dell’offerta di un operatore economico, l’ago della bilancia pende verso la riservatezza. Del resto, come ricordato dai giudici, già la Corte di Giustizia UE (ordinanza 10 giugno 2025, causa C-686/24) ha escluso che vi sia un obbligo di divulgare segreti tecnici fra offerenti in nome del diritto di difesa, senza un previo bilanciamento: a maggior ragione, dunque, tale bilanciamento si impone se a richiedere l’accesso è un soggetto che in quella gara non aveva alcun ruolo. In definitiva, l’accesso civico generalizzato in materia di appalti non è un grimaldello per curiosare nelle offerte altrui, ma uno strumento da esercitare con cautela e consapevolezza dei limiti. Un outsider potrà ottenere copie di determine, contratti finali, oppure conoscere importi, tempi e condizioni di esecuzione del servizio appaltato – elementi che attengono all’accountability dell’amministrazione – ma difficilmente potrà accedere ai dettagli ingegneristici o alle strategie industriali che un operatore ha proposto per vincere la gara.

Il caso degli affidamenti diretti: chi è “concorrente” e chi no
Merita un approfondimento il tema dell’accesso agli atti nei contratti affidati senza gara, ossia tramite affidamento diretto. In questo scenario manca una competizione aperta: la Pubblica Amministrazione individua discrezionalmente un contraente (eventualmente dopo aver raccolto uno o più preventivi informali) e gli affida il contratto entro le soglie di legge. Che spazio ha la trasparenza in tali ipotesi? Un operatore economico escluso dalla trattativa diretta può chiedere di vedere gli atti? Su questo punto è intervenuta la giurisprudenza recente per delineare i confini. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1353/2025 ha chiarito che nell’affidamento diretto puro non esistono “concorrenti” in senso tecnico, quindi chi non è stato chiamato in causa dalla P.A. non può pretendere di accedere all’offerta dell’affidatario come se fosse parte di una gara. In quel caso specifico, un Comune aveva affidato direttamente un servizio chiedendo due preventivi informali a operatori diversi (senza bando né vera competizione). L’operatore non selezionato chiedeva l’accesso all’offerta tecnica del concorrente che aveva ottenuto l’affidamento, probabilmente nel tentativo di contestarne la validità. Ebbene, il Consiglio di Stato ha negato tale possibilità, osservando che in un affidamento fiduciario non procedimentalizzato le garanzie proprie delle gare pubbliche “recedono”. Chi non è stato invitato non ha interesse qualificato a conoscere i dettagli dell’offerta altrui, e un’eventuale ostensione indiscriminata a soggetti estranei “incriminerebbe la fiducia” tra amministrazione e operatore selezionato. In sostanza, se la legge consente di procedere senza gara, i terzi estranei potranno semmai contestare in giudizio il fatto stesso che si sia scelta la via dell’affidamento diretto (ad esempio sostenendo che andava fatta una gara), ma non potranno sindacare i contenuti dell’offerta presentata dall’affidatario, perché quella non è una gara aperta. Si tratta di un principio importante: impedire che l’accesso diventi uno strumento di “controllo postumo” sul merito delle scelte tecniche operate in un affidamento diretto, da parte di chi non vi ha partecipato. La sentenza n. 1353/2025 richiama anche il vademecum ANAC sugli affidamenti diretti, che già sottolineava come l’assegnazione diretta non abilita soggetti non coinvolti a contestare le valutazioni tecniche dell’amministrazione (proprio perché manca una graduatoria di concorrenti). Attenzione però: lo stesso Consiglio di Stato nota che se la P.A. decide volontariamente di “procedimentalizzare” l’affidamento diretto, ad esempio pubblicando un avviso o stabilendo criteri di selezione e confrontando più offerte, di fatto simula una mini-gara. In tali ipotesi, i partecipanti a questo confronto sui generis vanno considerati a tutti gli effetti concorrenti, con i connessi diritti di accesso ai sensi delle norme sulle gare. Quindi, per le amministrazioni, la regola pratica è: o si segue l’affidamento diretto puro (e allora non ci sono obblighi di ostensione oltre la trasparenza sugli atti finali, come il contratto stipulato), oppure se si struttura una procedura anche informale ma competitiva, occorre garantire parità di trattamento e accesso alla documentazione tra gli invitati. Dal punto di vista dell’operatore economico esterno, invece, non c’è un “diritto di curiosità” sugli affidamenti diretti altrui: a meno di evidenti violazioni di legge (da far valere in sede di ricorso sulla legittimità dell’affidamento diretto stesso), i dettagli tecnici delle forniture o servizi affidati fiduciariamente restano riservati. Questo non impedisce che la Pubblica Amministrazione debba comunque rispettare obblighi di pubblicazione (ad esempio l’elenco degli affidamenti diretti e i relativi importi, ai sensi dell’art. 1, c. 2, lett. a, DL 76/2020 “Semplificazioni” e delle norme sulla trasparenza), ma oltre quel livello di informazione minima, la società non coinvolta nell’affidamento non potrà ottenere di più.

Conclusioni operative: gestione intelligente della trasparenza
L’attuale quadro normativo e giurisprudenziale sull’accesso agli atti di gara delinea un approccio di trasparenza ragionevole. La Pubblica Amministrazione è chiamata ad agire con equilibrio: deve favorire la massima disclosure verso i concorrenti effettivi, soprattutto per garantire loro strumenti di tutela, e al contempo proteggere i segreti industriali che le imprese le affidano nelle offerte. Ciò comporta decisioni motivate caso per caso: un compito non semplice per le stazioni appaltanti, che devono conoscere bene i confini legali per evitare sia il rischio di un eccesso di riservatezza (che può sfociare in censure per eccesso di potere e violazione del diritto di difesa), sia il rischio opposto di divulgare indebitamente informazioni riservate (esponendosi a ricorsi da parte dell’aggiudicatario o a perdere credibilità presso il mercato). Dal lato delle imprese concorrenti, il messaggio è duplice. Se siete concorrenti non aggiudicatari, esercitate il vostro diritto di accesso con tempestività e chiarezza: indicate subito i documenti di cui avete bisogno (basta una semplice istanza in carta libera via PEC entro 30 giorni dall’aggiudicazione, richiamando l’art. 35 del D.Lgs. 36/2023 e l’art. 53 del vecchio codice), e se la P.A. oscura parti che ritenete cruciali, valutate immediatamente il ricorso entro 10 giorni. Non chiedete però l’impossibile: focalizzatevi sugli elementi rilevanti per un eventuale ricorso (punteggi, relazioni tecniche, giustificativi dell’anomalia, etc.), evitando richieste generiche o dilatorie. Se invece siete operatori estranei che vogliono capire come sono stati spesi i soldi pubblici o perché un certo contratto è stato affidato, sappiate che potete usare il FOIA ma entro i limiti: formulate richieste mirate, ad esempio chiedendo il contratto stipulato, o relazioni di esecuzione, o i verbali di collaudo, piuttosto che pretendere l’intera offerta tecnica dettagliata – richiesta che con ogni probabilità verrà respinta. Tenete a mente che la legge tutela la concorrenza anche attraverso il segreto commerciale: conoscere le strategie di un concorrente senza aver gareggiato potrebbe darvi un vantaggio indebito in futuro, cosa che l’ordinamento non consente. Ecco perché un imprenditore prudente dovrebbe concentrare gli sforzi non tanto nel tentare di leggere le offerte altrui, quanto piuttosto nell’assicurarsi di preparare al meglio le proprie e, se del caso, contestare gli atti di gara sul piano della legittimità (bandi, ammissioni, aggiudicazioni) piuttosto che sul contenuto delle offerte dei rivali.

In conclusione, trasparenza non significa voyeurismo amministrativo, ma controllo di legalità e correttezza. Il nuovo Codice Appalti offre strumenti potenziati per aprire le “porte di vetro” della gara, ma mette anche lucchetti robusti a protezione dei forzieri industriali delle aziende. La verità, in ambito di appalti, non è mai assoluta né semplice da rivelare: va cercata e rivelata nei modi e nei limiti previsti. Chi opera nel settore deve essere consapevole di questi equilibri. In ogni caso, garantire una sana trasparenza nelle procedure pubbliche – senza violare i diritti economici degli operatori – contribuisce a un mercato più fiduciario, competitivo e giusto.

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