Appalti: cause di esclusione tra rigore e flessibilità
La più recente giurisprudenza rivela l’equilibrio del nuovo Codice Appalti: meno esclusioni automatiche (il patteggiamento non comporta più l’estromissione immediata), ma tolleranza zero per gravi violazioni fiscali
“Summum ius, summa iniuria”. Questo antico adagio latino – il massimo rigore del diritto può tradursi nella massima ingiustizia – ben sintetizza la sfida attuale nel diritto degli appalti pubblici. Da un lato la legge impone regole severe per garantire integrità e trasparenza nelle gare; dall’altro, un’applicazione troppo rigida delle cause di esclusione rischia di penalizzare eccessivamente la concorrenza, escludendo operatori economici meritevoli per meri formalismi o violazioni non sostanziali. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), entrato in vigore di recente, cerca proprio di calibrare meglio questo equilibrio: meno automatismi punitivi in nome del principio del risultato e della fiducia, senza però abbassare la guardia sui comportamenti davvero gravi. Le prime sentenze del 2025 confermano questo cambiamento di rotta, offrendo indicazioni importanti sia per le stazioni appaltanti che per le imprese concorrenti. Di seguito analizziamo le novità più rilevanti, tra aperture verso gli operatori e conferme di linea dura dove conta, così da capire in concreto come muoversi nelle procedure di gara.
Meno automatismi nelle esclusioni: il caso del patteggiamento
Una delle svolte più significative introdotte dal nuovo Codice è la diversa considerazione delle pregresse vicende penali degli operatori economici. In passato la disciplina (art. 80 D.Lgs. 50/2016) prevedeva l’esclusione automatica dalla gara in caso di condanne per reati gravi e assimilava a queste anche la sentenza di patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.). Ciò significava che un concorrente che avesse patteggiato una pena veniva comunque estromesso dalla gara alla stregua di un condannato. Oggi, invece, l’art. 94 del nuovo Codice opera una scelta diversa: il patteggiamento non rientra più tra le cause automatiche di esclusione. Si tratta di un cambiamento non da poco, confermato autorevolmente dalla recente sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, n. 401/2025, che ha fatto il punto sulla questione a inizio anno.
Nel caso esaminato dal TAR romano, un’impresa aggiudicataria presentava nel proprio casellario una sentenza di patteggiamento per un reato rilevante. Un concorrente escluso ha impugnato l’aggiudicazione sostenendo che quel precedente penale dovesse comportare l’esclusione automatica della società vincitrice. Il Tribunale amministrativo ha però respinto il ricorso, applicando fedelmente la nuova norma: la condanna patteggiata, in assenza di pene accessorie interdittive, non è più causa di esclusione automatica. Il collegio ha richiamato espressamente l’art. 94, comma 1, del D.Lgs. 36/2023 e la sua discontinuità rispetto al passato, sottolineando che il legislatore ha volutamente eliminato il patteggiamento dall’elenco delle cause di esclusione obbligatoria. La ratio decidendi risiede anche nel principio per cui “il patteggiamento non equivale a una condanna definitiva con effetti pregiudizievoli, salvo che la legge lo preveda espressamente”. In più, il TAR ha evidenziato un fatto concreto: nel caso di specie, la società aggiudicataria aveva comunque eseguito volontariamente le misure interdittive accessorie collegate al patteggiamento, dimostrando di essersi conformata alle regole. Questo comportamento collaborativo ha rafforzato la posizione dell’operatore economico, segnalando alla stazione appaltante la sua affidabilità attuale nonostante il precedente penale.
Dal punto di vista normativo, questa apertura trova fondamento in un altro principio cardine del nuovo Codice: il divieto di interpretazione estensiva delle cause di esclusione. L’art. 10, comma 2, D.Lgs. 36/2023 stabilisce chiaramente che le clausole di esclusione non possono essere applicate al di fuori delle ipotesi espressamente previste. Ciò vuol dire che le stazioni appaltanti non possono più “allargare” a loro discrezione i motivi di esclusione, magari estendendo analogicamente una norma a casi non contemplati. Nel concreto, quindi, un patteggiamento non può essere trattato come una condanna equiparabile a quelle indicate tassativamente dall’art. 94. Questa è una scelta di politica legislativa ben precisa: favorire la più ampia partecipazione possibile, evitando che automatismi troppo rigorosi escludano un concorrente che potrebbe comunque offrire garanzie di correttezza e capacità. Naturalmente resta ferma la facoltà per la stazione appaltante di valutare in sede di gara il comportamento passato dell’operatore – ad esempio nell’ambito del cosiddetto “grave illecito professionale” – ma ciò dovrà avvenire caso per caso, con onere di motivazione e senza automatismi. Insomma, viene richiesto un giudizio più sfumato e responsabile, in linea col principio di proporzionalità.
Questa evoluzione riflette l’idea che legalità e concorrenza vadano tenute in equilibrio. Come anticipato, dura lex, sed lex (la legge è dura, ma è la legge) resta un motto valido: chi ha condanne definitive per reati gravi continua ad essere escluso. Tuttavia, per situazioni “intermedie” come un patteggiamento – dove non vi è una condanna piena né l’accertamento dibattimentale della responsabilità – la legge ora adotta un approccio più mite. L’obiettivo è evitare di punire oltre misura chi ha già risolto i propri conti con la giustizia ed è pronto a rispettare le regole. Del resto, “La misericordia non è forzata: scende come una dolce pioggia dal cielo”, scrive Shakespeare ne Il Mercante di Venezia: anche nell’applicare le norme occorre saper unire alla giustizia un tocco di clemenza, quando possibile.
Tolleranza zero su tasse e contributi: la linea della Corte Costituzionale
Se il nuovo Codice appare più flessibile su alcuni requisiti generali, su altri mantiene – e anzi ribadisce – un’impostazione di rigore assoluto. È il caso delle violazioni fiscali e contributive, da sempre terreno delicato negli appalti. Il principio è semplice: chi non è in regola con il Fisco o con gli enti previdenziali non può contrarre con la Pubblica Amministrazione, perché manca del necessario requisito di affidabilità e correttezza. Già il vecchio art. 80, comma 4, D.Lgs. 50/2016 prevedeva l’esclusione automatica per gli operatori con debiti fiscali o previdenziali “definitivamente accertati” sopra una certa soglia. Questa previsione è stata sostanzialmente confermata nel nuovo Codice (artt. 94 e 95 D.Lgs. 36/2023), che riproduce l’obbligo di esclusione per chi abbia violazioni tributarie o contributive gravi, superiori a €5.000 e non regolarizzate. Tale soglia monetaria – peraltro di importo piuttosto basso rispetto ai valori in gioco nei grandi appalti – ha sollevato dubbi di costituzionalità, poiché anche un debito fiscale modesto (es. poco sopra i 5.000 euro) può precludere la partecipazione a gare di enorme importo, con possibile sproporzione tra violazione e conseguenza. Sulla questione si è pronunciata di recente la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 138/2025, fugando ogni incertezza: la norma è legittima.
La Corte era stata investita del problema dal Consiglio di Stato, preoccupato che l’automatismo potesse violare i principi di ragionevolezza e proporzionalità (art. 3 Cost.). Nella sentenza n. 138 del 24 giugno 2025, però, la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni, affermando un principio netto: escludere da una gara chi abbia evaso o non versato imposte per oltre 5.000 euro non è irragionevole né eccessivo, ma anzi risponde all’esigenza di garantire l’integrità e la par condicio tra concorrenti. In altri termini, tollerare partecipanti con debiti fiscali significativi vorrebbe dire avvantaggiare chi non ha rispettato le regole a danno di chi invece è in regola col Fisco. Il limite di 5.000 euro – ha spiegato la Corte – serve proprio a evitare esclusioni per mere pendenze bagatellari, consentendo alle imprese di partecipare se le irregolarità sono di importo davvero minimo. Ma superata quella soglia, scatta giustamente la “tolleranza zero”: l’operatore inadempiente verso l’erario viene automaticamente estromesso, a prescindere dal valore dell’appalto a cui partecipa, e la stazione appaltante non ha margine discrezionale per valutare diversamente. Si tratta, in fondo, di una scelta di campo del legislatore approvata dal Giudice delle leggi: il messaggio è che il rapporto di fiducia con la P.A. richiede almeno la prova di aver onorato i propri doveri fiscali e contributivi, entro limiti che il legislatore ha ritenuto non eccessivi.
Questo orientamento rigidissimo sul fronte fiscale è stato confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa più recente. Emblematica è la sentenza TAR Puglia, Bari, Sez. III, n. 1094/2025. In quella vicenda, un’impresa concorrente era risultata avere una cartella esattoriale definitivamente accertata superiore ai 5.000 euro. Per evitare l’esclusione, la società aveva avviato una procedura di rateizzazione del debito con l’Agenzia delle Entrate, sostenendo poi in giudizio che la semplice richiesta di rateo dovesse “salvarla” dall’estromissione immediata. Il TAR pugliese ha invece rigettato questa tesi, ribadendo che la rateizzazione di un debito fiscale non estingue né sospende la violazione definitivamente accertata: finché l’importo non è interamente pagato o annullato, permane la causa di esclusione automatica dalla gara. In altri termini, l’aver dilazionato il pagamento non equivale ad aver regolarizzato la propria posizione. Questa pronuncia (TAR Puglia, Bari, sent. n. 1094/2025 del 24 settembre 2025) allinea la prassi applicativa al dettato normativo: prima si saldano i conti col Fisco, poi si può partecipare alle gare, non viceversa. Analoghi principi valgono per i contributi previdenziali verso INPS, INAIL ecc.: anche lì la presenza di debiti contributivi oltre la soglia comporta l’esclusione automatica. Le stazioni appaltanti, da parte loro, hanno il dovere di verificare la regolarità fiscale e contributiva di ogni aggiudicatario (tramite DURC e documentazione fiscale) e non possono soprassedere o fare eccezioni: se emerge un’inadempienza grave non sanata, l’esclusione è un atto dovuto.
In sintesi, sul piano fiscale e previdenziale vige ancora il principio del dura lex, sed lex: nessuna indulgenza per chi non è in regola, perché la credibilità dell’operatore economico passa anche (e soprattutto) dal rispetto degli obblighi verso la collettività. Questo rigore assoluto è considerato un fondamento etico prima che giuridico degli appalti pubblici: l’amministrazione deve potersi fidare di chi riceve denaro pubblico o gestisce servizi per la comunità. Ecco perché, su questo fronte, il legislatore e i giudici non hanno introdotto flessibilità: la linea del dovere resta invalicabile.
Implicazioni pratiche per imprese e stazioni appaltanti
Il quadro che emerge dalle novità normative e dalle sentenze del 2025 è quello di un sistema più maturo, che cerca di combinare fermezza e buon senso. Vediamo in concreto cosa significa:
Per le imprese concorrenti: è fondamentale comprendere che alcuni “peccati” del passato non comportano più la morte civile nelle gare, ma altri restano imperdonabili. Se la vostra azienda o i suoi esponenti hanno riportato una sentenza di patteggiamento, oggi avete la possibilità di partecipare comunque alle gare, purché naturalmente il reato non si sia tradotto in pene accessorie interdittive (ad esempio il divieto temporaneo di contrarre con la P.A.). Sarà comunque doveroso dichiarare tale precedente nel DGUE e fornire tutte le informazioni rilevanti, ma la semplice esistenza del patteggiamento non vi esclude di diritto. Ciò non toglie che la stazione appaltante possa valutarne l’impatto sulla vostra integrità professionale: preparatevi quindi a dimostrare di aver preso misure di self-cleaning e di miglioramento (ad es. adottando modelli organizzativi, risarcendo eventuali danni, cambiando i vertici coinvolti). In altre parole, dovete convincere l’amministrazione che quell’episodio non inficia la vostra affidabilità attuale. Il nuovo Codice vi dà l’opportunità di farlo, dove prima invece sareste stati esclusi a priori. Sfruttate quest’opportunità con trasparenza e responsabilità. Al contrario, per quanto riguarda la regolarità fiscale e contributiva, non ci sono scorciatoie: prima di partecipare a una gara assicuratevi di aver pagato tasse, IVA, contributi e ogni dovuto. Se esiste un debito sopra soglia, dovete estinguerlo o quantomeno avviare (e possibilmente completare) una procedura di regolarizzazione prima che la stazione appaltante effettui i controlli. Ricordate che la richiesta di rateizzazione o un ricorso pendente non vi mettono al riparo dall’esclusione: finché il debito è “definitivamente accertato” e non pagato, rimane una macchia inaccettabile. Dunque, pianificate per tempo la vostra compliance fiscale: un investimento in più su questo fronte vale la certezza di poter concorrere senza sorprese sgradite.
Per le stazioni appaltanti: le nuove regole richiedono un cambio di mentalità nella gestione delle esclusioni. In passato poteva sembrare “prudente” escludere chiunque avesse qualsiasi ombra nel casellario o qualche pendenza con il Fisco, talvolta anche forzando le norme. Oggi questo non è più ammesso: dovete attenervi strettamente alle cause di esclusione tipizzate nel Codice. Niente interpretazioni analogiche o estensive: se la legge non prevede l’esclusione per un certo fatto, quel fatto non può essere motivo di estromissione. Ciò implica, ad esempio, che non potete più escludere automaticamente un concorrente solo perché ha una sentenza di patteggiamento: dovrete valutare il caso concreto, eventualmente richiedere chiarimenti e verificare se ci sono ragioni per dubitare della sua integrità (ad esempio comportamenti collegati che configurino un illecito professionale grave), ma senza automatismi. Questo approccio garantisce imparzialità e parità di trattamento, e vi tutela da possibili ricorsi: la giustizia amministrativa sta dimostrando di annullare i provvedimenti espulsivi eccessivamente rigidi o immotivati. Al contempo, dovete mantenere alta l’attenzione sui profili fiscali e contributivi: prima di aggiudicare, acquisite sempre un DURC regolare e verificate tramite l’Agenzia delle Entrate eventuali violazioni tributarie. In caso di scoperta di un debito oltre soglia, non esitate ad escludere l’operatore, perché la legge ve lo impone e ogni altra scelta sarebbe illegittima (oltreché ingiusta verso gli altri concorrenti onesti). È opportuno formalizzare bene nei verbali le ragioni di esclusione, richiamando l’art. 94 o 95 e, se del caso, citando le pronunce come la Corte cost. n. 138/2025 a sostegno della proporzionalità della misura. Infine, preparatevi a gestire con equilibrio le situazioni borderline: ad esempio, se un operatore ha avuto problemi in passato ma oggi presenta documentazione di affidabilità recuperata, valutate con mente aperta tali evidenze. Il nuovo principio della fiducia (art. 5 del Codice) vi invita a considerare gli operatori come partner da valorizzare quando dimostrano di agire correttamente, e non come nemici da scartare al primo errore. In definitiva, l’azione amministrativa deve essere rigorosa ma anche orientata al risultato: scegliere il miglior offerente senza cadere nei formalismi inutili.
Conclusione
Le evoluzioni normative e giurisprudenziali degli ultimi tempi delineano un diritto degli appalti più equilibrato. Da una parte, nessun cedimento sui valori fondamentali: chi viola gravemente la fiducia pubblica (evasori incalliti, frodatori, corrotti conclamati) resta fuori dalle gare, a tutela della collettività. Dall’altra, si riconosce che non tutte le situazioni sono uguali: escludere in modo cieco e automatico un’impresa che ha commesso un errore minore o che ha già scontato la propria pena può rivelarsi controproducente e ingiusto. L’ordinamento cerca dunque un punto di incontro tra legalità e opportunità, applicando il principio di proporzionalità: la sanzione dell’esclusione va calibrata alla effettiva gravità e attualità dell’inadempimento. Come abbiamo visto, le sentenze del 2025 sul patteggiamento e sulle violazioni fiscali incarnano perfettamente questi due volti della stessa medaglia: clemenza verso l’errore recuperabile, inflessibilità verso la scorrettezza sostanziale. Chi partecipa alle gare d’appalto oggi deve essere consapevole di questa impostazione e adeguare il proprio comportamento di conseguenza. In un sistema che non vuole più punire oltre il necessario, ma nemmeno tollerare furbizie o zone d’ombra, la chiave del successo è trasparenza, correttezza e affidabilità dimostrabile. In tal modo si tutela la propria posizione e si contribuisce a un mercato pubblico più sano ed efficiente.
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