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Appalti pubblici green: opportunità per imprese sostenibili e stazioni appaltanti verdi

Appalti green

Come gli appalti verdi e il Green Public Procurement (GPP) stanno trasformando il settore dei contratti pubblici in Italia, offrendo vantaggi competitivi alle imprese sostenibili e strumenti innovativi alle stazioni appaltanti orientate alla sostenibilità ambientale.


La sostenibilità è divenuta un imperativo anche negli appalti pubblici. Le pubbliche amministrazioni, con il loro enorme potere d’acquisto, possono orientare il mercato verso prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale. È qui che entra in gioco il Green Public Procurement (GPP), noto in italiano come Acquisti Verdi, ossia l’integrazione di criteri ecologici nelle gare pubbliche. In altre parole, gli appalti pubblici green richiedono che ciò che la PA acquista (dall’energia agli arredi, dai lavori alle forniture) rispetti standard ambientali elevati. Naturam expellas furca, tamen usque recurret – scacciate pure la natura con la forca, ma ritornerà sempre – scriveva Orazio: un monito antico che oggi assume nuovo significato. Ignorare l’ambiente, infatti, non è più un’opzione: nell’era della transizione ecologica, sostenibilità e appalti pubblici viaggiano di pari passo, creando sia obblighi normativi stringenti sia nuove opportunità di mercato per le imprese virtuose.

Green Public Procurement: quadro normativo e obblighi

L’Italia è stata tra i pionieri in Europa nel rendere obbligatorio il GPP. Già con il Codice degli Appalti del 2016 (d.lgs. 50/2016) sono stati introdotti i Criteri Ambientali Minimi (CAM): requisiti ambientali fissati per diverse categorie di beni, servizi e lavori, da applicare nelle procedure di gara pubbliche. Tali criteri sono definiti tramite decreti ministeriali settoriali (per esempio per edilizia, pulizie, energia, ecc.) nell’ambito del Piano d’Azione Nazionale sul GPP (PAN GPP). Con il nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023 (d.lgs. 36/2023) questo impianto è stato ulteriormente rafforzato, rendendo i CAM parte integrante della documentazione di gara. In base all’art. 57, comma 2, del d.lgs. 36/2023, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono inserire nei documenti di gara almeno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali previste dai CAM applicabili, contribuendo così agli obiettivi ambientali del PAN GPP.

In pratica, per ogni categoria di appalto coperta da CAM, la gara deve contenere requisiti ambientali ad hoc. Ad esempio, in una gara per forniture di carta, saranno richiesti prodotti con marchio ecologico o con materiale riciclato secondo le percentuali minime stabilite dal CAM di settore. Se una stazione appaltante omette completamente di inserire i CAM obbligatori nei documenti di gara, viola la legge e la gara risulta illegittima. Le norme sui CAM, infatti, non sono affatto indicazioni di massima o buone pratiche facoltative, bensì obblighi immediatamente cogenti per le amministrazioni. La giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito questo principio, sottolineando come i CAM discendano da norme imperative e vadano applicati indipendentemente da un’esplicita menzione nel bando. In passato, i tribunali hanno persino affermato che tali obblighi diventano automaticamente parte della legge di gara tramite eterointegrazione, colmando eventuali lacune dell’amministrazione.

Novità giurisprudenziali: flessibilità nei bandi e principio del risultato

Negli ultimi anni sono emerse sentenze importanti che affinano l’approccio all’applicazione dei CAM negli appalti, conciliando il rigore normativo con il buon andamento delle gare. In particolare, si è discusso su cosa accade se una gara non include (o include in modo incompleto) i criteri ambientali richiesti. La regola fondamentale è che un operatore economico che intenda lamentare l’assenza dei CAM in un bando deve agire tempestivamente, senza aspettare l’esito della gara. Come chiarito dal Consiglio di Stato, qualora un’impresa ritenga illegittima la lex specialis per omessa trasposizione dei CAM obbligatori, ha l’onere di impugnare immediatamente gli atti di gara entro 30 giorni dalla pubblicazione Attendere di vedere chi vincerà per poi fare ricorso non è ammesso: una clausola del bando che viola chiaramente la legge va contestata subito, pena l’irricevibilità del ricorso. Questa impostazione – confermata anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – mira a garantire stabilità e certezza alle procedure, evitando ricorsi tardivi “a gara persa”.

Allo stesso tempo, il Consiglio di Stato ha adottato un approccio meno formalistico nel valutare l’eventuale mancanza di riferimenti ai CAM in una gara. Nella recente sentenza n. 3411/2025 (Sez. V, 18 aprile 2025), si evidenzia che l’assenza di un richiamo testuale ai CAM non comporta automaticamente l’annullamento del bando, a meno che non vi sia un’effettiva violazione sostanziale degli obiettivi ambientali previsti dalla normativa. In altre parole, se la documentazione di gara nel suo complesso assicura comunque il rispetto dei principi di sostenibilità (ad esempio perché le offerte tecniche presentate dai concorrenti soddisfano pienamente gli standard ambientali richiesti), la procedura può considerarsi valida anche senza un esplicito riferimento ai CAM in ogni sua parte. Questo orientamento, coerente con i nuovi principi del risultato e della fiducia introdotti dal Codice 2023, evita di far saltare gare per mere irregolarità formali quando non è compromessa la par condicio e la sostanza della tutela ambientale. Si tratta di un bilanciamento importante: da un lato le PA non possono ignorare i CAM (che restano vincolanti), dall’altro si scongiura l’annullamento di appalti se, in concreto, gli obiettivi “green” sono stati comunque perseguiti. In questo senso, la più recente giurisprudenza invita sia le stazioni appaltanti sia le imprese a una lettura sistematica degli atti di gara, in buona fede e nel rispetto dello scopo ultimo (aggiudicare tempestivamente al miglior offerente senza pregiudicare la sostenibilità).

Da segnalare anche che le ultime pronunce hanno ridimensionato l’uso dell’eterointegrazione giudiziale: se una gara risulta carente di riferimenti ai CAM, il giudice potrebbe teoricamente “integrare” le clausole mancanti applicando la normativa; tuttavia, nella sentenza del 2025 citata, il Consiglio di Stato ha ritenuto che nel caso concreto non vi fosse un’omissione tale da richiedere un intervento correttivo, poiché il capitolato e il disciplinare contenevano già elementi sostanziali di sostenibilità. Questo approccio evita anche di violare il principio di certezza del diritto di gara: le regole dovrebbero essere chiare sin dall’inizio, non riscritte in corsa. La lezione, dunque, è duplice: le PA devono progettare le gare in ottica green fin da subito, e le imprese devono vigilare e far valere i propri diritti immediatamente se si trovano di fronte a bandi “non verdi”.

Opportunità di mercato per le imprese sostenibili

L’obbligatorietà crescente degli appalti verdi non è solo un vincolo, ma anche una grande opportunità di business. Il mercato della pubblica amministrazione, che in Italia vale decine di miliardi di euro l’anno, sta di fatto riservando quote sempre maggiori di spesa a prodotti e servizi sostenibili. Secondo il V Rapporto dell’Osservatorio Appalti Verdi (2022), il trend di adozione dei CAM è in costante crescita: ad esempio, circa un terzo dei capoluoghi di provincia applica gli acquisti verdi nell’80-100% delle proprie gare, e praticamente tutte le amministrazioni interpellate (98%) conoscono il GPP e cercano di attuarlo. Ciò significa che per numerosi settori (energia, gestione rifiuti, edilizia efficiente, mobilità sostenibile, ecc.) la domanda pubblica si sta rapidamente orientando verso soluzioni “green”. Le imprese che hanno investito nella sostenibilità dei propri prodotti o processi produttivi godono di un vantaggio competitivo significativo: possono partecipare a più gare e ottenere punteggi maggiori grazie ai criteri ecologici premiali. Al contrario, le aziende non in regola con gli standard ambientali rischiano di essere escluse o di perdere commesse importanti.

Va evidenziato che in alcuni ambiti esiste ancora un gap tra gli obiettivi del legislatore e la realtà del mercato, e questo rappresenta un’opportunità da cogliere. Per esempio, molte amministrazioni segnalano difficoltà a trovare fornitori che abbiano tutte le caratteristiche richieste dai CAM: per il 25% delle stazioni appaltanti uno dei principali ostacoli è proprio la carenza di imprese qualificate “green” in determinati settori. Ciò offre uno spazio competitivo a chi per primo si adegua: un’azienda in possesso di certificazioni ambientali, che utilizza materiali riciclati o tecnologie pulite, può risultare tra le poche in grado di soddisfare i requisiti e quindi avere maggiori chance di aggiudicarsi l’appalto. In altre parole, i bandi verdi premiano i first movers della sostenibilità.

Non solo: spesso le gare pubbliche prevedono criteri premiali aggiuntivi per chi supera i minimi ambientali richiesti. Ad esempio, un appalto di forniture informatiche potrebbe attribuire punteggio extra a offerte con dispositivi dal consumo energetico inferiore rispetto allo standard, o un appalto di lavori potrebbe premiare l’uso di materiali con una percentuale di riciclato superiore al minimo obbligatorio. Ciò incoraggia le imprese a innovare e migliorare continuamente le proprie performance ambientali, creando un circolo virtuoso. Chi anticipa le tendenze ecologiche acquisisce know-how, reputazione e referenze che potranno essere spese anche su altri mercati, inclusi quelli privati, dove la sensibilità verso prodotti sostenibili è in aumento. Inoltre, va ricordato che l’accesso ai fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è subordinato al rispetto del principio DNSH (Do No Significant Harm, “non arrecare danno significativo all’ambiente”) e dunque all’applicazione rigorosa dei CAM nelle relative gare.

Questo vincola una mole enorme di investimenti pubblici alla sostenibilità: le imprese interessate ai progetti PNRR devono necessariamente conformarsi ai criteri verdi, pena l’esclusione. Il messaggio è chiaro: la sostenibilità non è più un optional, ma un passaporto per accedere al mercato degli appalti presente e futuro.

Strategie per gli operatori economici interessati alla sostenibilità

Di fronte a questo scenario in evoluzione, le imprese che intendono competere con successo negli appalti pubblici green possono adottare diverse strategie proattive. Eccone alcune:

  • Studiare i CAM del proprio settore: il primo passo è conoscere in dettaglio i Criteri Ambientali Minimi applicabili ai prodotti o servizi offerti dall’azienda. I CAM stabiliscono requisiti tecnici (es. efficienza energetica, percentuale di materiale riciclato, assenza di sostanze nocive) e clausole contrattuali (es. modalità di smaltimento a fine vita, formazione del personale) che l’impresa dovrà garantire. È fondamentale aggiornarsi costantemente, perché i CAM vengono periodicamente revisionati e nuovi decreti ministeriali possono introdurre criteri per categorie prima non coperte. Ad esempio, sono stati recentemente aggiornati i CAM per l’edilizia (DM 23 giugno 2022) e ne sono stati emanati di nuovi per settori come la ristorazione collettiva (in vigore dal maggio 2025). Anticipare le novità normative consente di adeguarsi per tempo ed evitare di trovarsi impreparati all’uscita di un bando.

  • Certificazioni ambientali e green credentials: dotarsi di certificazioni riconosciute è un modo efficace per attestare la propria sostenibilità e ottenere punteggi più alti in gara. Certificazioni di sistema come ISO 14001 (gestione ambientale) o EMAS dimostrano l’impegno aziendale a minimizzare l’impatto ecologico nelle attività produttive. Su alcuni prodotti possono essere determinanti eco-label di qualità ecologica (ad es. Ecolabel UE, FSC per il legno, Energy Star per apparecchiature elettroniche, etc.), spesso espressamente richiamate nei CAM. A parità di offerta economica, un concorrente provvisto di credenziali verdi solide avrà un vantaggio competitivo. Investire in tali certificazioni, oltre a migliorare realmente le performance ambientali dell’azienda, aumenta la fiducia della stazione appaltante verso l’operatore economico (coerentemente con il citato principio della fiducia nel Codice 2023).

  • Innovazione e miglioramento continuo: puntare su ricerca e sviluppo di soluzioni eco-compatibili consente di superare i requisiti minimi e di proporre offerte tecniche migliorative. Ad esempio, se il CAM in una gara di fornitura richiede veicoli Euro 6, proporre veicoli elettrici o ibridi potrà far ottenere punteggi aggiuntivi. Oppure, se in un appalto di lavori è obbligatorio un certo livello di efficienza energetica nell’edificio, offrire tecnologie che portino a una classe energetica ancora superiore potrebbe risultare decisivo. Le imprese dovrebbero analizzare i capitolati non solo per raggiungere la soglia minima ambientale, ma per individuare spazi in cui eccellere. Ciò richiede pianificazione: rivedere i propri processi interni, selezionare fornitori green lungo la filiera, progettare i prodotti/servizi con criteri di eco-design. L’innovazione “verde” spesso beneficia anche di incentivi pubblici e finanziamenti dedicati, che possono supportare i costi iniziali di tale trasformazione.

  • Formazione e partnership: come emerso anche dalle indagini sui comuni, una delle difficoltà maggiori è la mancanza di competenze specifiche in tema di GPP Questa criticità riguarda sia le PA sia le imprese. Un operatore economico preparato sugli aspetti tecnici e normativi degli appalti verdi ha molte più probabilità di successo. Conviene quindi formare il personale (in particolare chi si occupa di gare e progettazione dell’offerta) sui temi ambientali e sui CAM. Esistono corsi specialistici, linee guida ministeriali e materiale informativo (anche ANAC ha svolto attività di monitoraggio e sensibilizzazione sul GPP). Inoltre, può rivelarsi utile stringere partnership lungo la filiera: ad esempio, se un criterio ambientale richiede una certa percentuale di materiale riciclato, l’azienda può collaborare con fornitori certificati per assicurarsi materie prime conformi; oppure allearsi con altre PMI in forma di consorzio, unendo diverse competenze per presentare un’offerta green completa. L’ecosistema degli appalti sostenibili premia spesso un approccio di filiera integrata, dove tutti gli attori coinvolti condividono gli stessi standard.

  • Supporto specialistico e legal compliance: infine, data la complessità della normativa e la sua continua evoluzione, le imprese farebbero bene a affidarsi a consulenti esperti in appalti pubblici e sostenibilità. Un supporto legale specializzato può aiutare a leggere correttamente i bandi, verificare la conformità dell’offerta ai CAM, e gestire eventuali contenziosi o richieste di chiarimento con la stazione appaltante. Ad esempio, potrebbe essere necessario chiarire con l’ente appaltante se un certo certificato è equipollente a quello richiesto dal CAM, oppure come dimostrare in concreto il possesso di un requisito ambientale (e.g. attraverso campioni, schede tecniche, autodichiarazioni asseverate). Muoversi con sicurezza in questo terreno tecnico-normativo evita errori formali che potrebbero costare l’esclusione dalla gara. Come si suol dire, dura lex, sed lex: la legge (ambientale) è severa, ma è la legge – meglio dunque farsi trovare preparati per coglierne le opportunità senza incorrere in sanzioni o esclusioni.

Conclusioni

Gli appalti pubblici green rappresentano oggi un driver di cambiamento sia per la Pubblica Amministrazione sia per il mondo imprenditoriale. Dal lato delle stazioni appaltanti, integrare la sostenibilità nelle procedure di acquisto significa non solo rispettare la legge, ma anche contribuire attivamente agli obiettivi di transizione ecologica e qualificare la spesa pubblica in termini di qualità e innovazione. Le PA più virtuose stanno già sperimentando nuovi strumenti e criteri premianti per massimizzare i benefici ambientali delle proprie gare, fungendo da esempio e da apripista a livello nazionale. Dal lato delle imprese, la svolta verde degli appalti è una sfida da affrontare con visione strategica: chi investe oggi in tecnologie pulite, certificazioni ambientali e formazione, non solo ottempera agli obblighi attuali, ma si assicura un posizionamento privilegiato su un mercato destinato a crescere. Gli indicatori mostrano un progresso costante, sebbene ci sia ancora strada da fare per una piena implementazione del GPP su scala nazionale.

In prospettiva, possiamo attenderci che la sostenibilità diventi sempre più un requisito standard in tutte le categorie di appalto, mano a mano che nuovi CAM vengono adottati e che la sensibilità ecologica penetra in ogni settore economico. L’Italia dispone già di un impianto normativo avanzato e ambizioso in materia – un motivo in più per le imprese di adeguarsi e innovare, poiché difficilmente si tornerà indietro su questi temi. Come recita un celebre romanzo italiano, «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Questa frase paradossale de Il Gattopardo (Tomasi di Lampedusa) calza a pennello nel contesto odierno: per conservare il nostro pianeta e garantire uno sviluppo economico duraturo (che tutto rimanga com’è, in termini di equilibrio ambientale e benessere), occorre trasformare profondamente le nostre pratiche (bisogna che tutto cambi), a partire proprio dagli appalti pubblici. In conclusione, gli appalti verdi non sono più una nicchia o una moda passeggera, ma il nuovo paradigma del procurement pubblico. Le imprese sostenibili e le amministrazioni “verdi” che abbracciano questo paradigma troveranno nuove occasioni di crescita, minori rischi legali e un ruolo da protagonisti nella costruzione di un’economia più pulita e circolare. Il futuro degli appalti è green: meglio attrezzarsi oggi per essere i leader di domani.

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