Blog

Clausola sociale negli appalti: obblighi e flessibilità

Clausola sociale

La tutela dei lavoratori negli appalti pubblici diventa obbligo con le clausole sociali, ma la giurisprudenza chiarisce che il riassorbimento del personale va bilanciato con le esigenze d'impresa

Cosa sono le clausole sociali nei contratti pubblici – La clausola sociale è la previsione nel bando di gara che impone all’operatore economico aggiudicatario di assumere o riassorbire il personale utilizzato dall’appaltatore uscente, garantendo la continuità occupazionale dei lavoratori impiegati nel contratto precedente. In aggiunta, con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), le clausole sociali comprendono anche misure per promuovere la parità di genere e generazionale e l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità o svantaggiate. Lo scopo è utilizzare l’appalto pubblico non solo per ottenere la prestazione al miglior prezzo, ma anche come leva di politica sociale: tutelare i lavoratori coinvolti e incoraggiare un mercato del lavoro più equo. In concreto, la stazione appaltante deve inserire nei documenti di gara obblighi per l’aggiudicatario di garantire la stabilità del personale e percentuali minime di nuove assunzioni riservate a giovani, donne o categorie protette. Ad esempio, può essere richiesto al concorrente di impegnarsi ad assumere una quota del personale uscente e a riservare almeno il 10% o il 30% delle nuove assunzioni a donne e under 36. Tali impegni, una volta accettati in sede di offerta, divengono condizioni vincolanti del contratto: il mancato rispetto potrà comportare penali contrattuali o, nei casi più gravi, la risoluzione dell’appalto in fase di esecuzione.

Obbligo inserito nei bandi dal nuovo Codice – Il nuovo Codice Appalti impone espressamente alle pubbliche amministrazioni di inserire specifiche clausole sociali in (quasi) tutti i bandi di gara per lavori e servizi. L’art. 57 del D.Lgs. 36/2023, come integrato dal correttivo del 2024, stabilisce infatti che “i bandi devono contenere specifiche clausole sociali” richiedendo agli operatori economici, come requisiti necessari dell’offerta, misure volte a garantire la parità di genere e generazionale, l’inclusione di persone svantaggiate e la stabilità occupazionale del personale impiegato. Parallelamente, l’art. 102 del Codice impone ai concorrenti di indicare nell’offerta le modalità con cui adempiranno a tali impegni. Questo significa che la clausola sociale non è più una facoltà discrezionale della stazione appaltante, bensì un elemento obbligatorio della lex specialis, salvo ipotesi particolari. L’unica eccezione è prevista per le tipologie di appalto dove la clausola sarebbe inapplicabile o inappropriata (ad esempio servizi di natura intellettuale senza manodopera dedicata): in tali casi l’amministrazione può motivare espressamente la scelta di non inserire la clausola sociale. Al di fuori di queste situazioni limitate, omettere la clausola costituisce violazione della legge di gara. Non a caso, il T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, sent. n. 128/2025 ha dichiarato illegittimo un bando che non conteneva alcuna clausola sociale, ribadendo che già nella versione originaria del nuovo Codice sussisteva un preciso obbligo per tutte le stazioni appaltanti di prevedere clausole sociali nei bandi di lavori e servizi. In sintesi, oggi chi indice una gara pubblica deve quasi sempre inserire una clausola di questo tipo, pena l’annullamento della procedura in sede di ricorso.

Portata e limiti dell’obbligo di assorbimento – Sebbene le clausole sociali impongano un dovere di riassorbimento del personale, questo obbligo non è illimitato né incondizionato. La stessa normativa e i principi costituzionali impongono un bilanciamento tra tutela del lavoro e libertà d’impresa. Da un lato l’art. 35 della Costituzione tutela il lavoro e legittima misure a protezione dei lavoratori; dall’altro l’art. 41 garantisce la libertà di iniziativa economica privata. Ne discende che l’obbligo di assunzione non può comprimere oltre misura l’autonomia organizzativa e finanziaria dell’impresa subentrante. La giurisprudenza amministrativa più recente ha chiarito che la clausola sociale va applicata con una certa elasticità, consentendo all’operatore economico di valutare come integrare i dipendenti assorbiti nella propria struttura e nei limiti del suo fabbisogno effettivo. In altre parole, non esiste un obbligo di riassorbire tutti i lavoratori dell’appaltatore uscente indipendentemente dalle esigenze: il dovere vale “nei limiti di quanto necessario per l’esecuzione del nuovo contratto” e tenendo conto dell’organizzazione dell’impresa subentrante. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 8189/2025 ha esplicitato che la clausola sociale non comporta un obbligo di completo e indiscriminato riassorbimento di tutto il personale del gestore uscente. L’aggiudicatario deve assumere prioritariamente quei lavoratori compatibili con le attività da svolgere e nei numeri coerenti col servizio appaltato, potendo lasciare fuori eventuali esuberi non riutilizzabili. Inoltre, la clausola non impone di mantenere identiche condizioni economiche o contrattuali del personale assorbito: l’importante è offrire continuità lavorativa, ma l’azienda subentrante potrà applicare il proprio CCNL (il contratto collettivo nazionale di lavoro) purché sia congruo e rispettoso dei minimi salariali legali. Ad esempio, se l’appaltatore uscente applicava un certo contratto collettivo, il nuovo aggiudicatario può applicarne uno diverso purché equivalente per settore e livello di tutele minime. Ciò che conta è che i lavoratori non vengano lasciati senza occupazione: “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, ironizzava Orwell per denunciare le diseguaglianze mascherate da falsa uguaglianza. Nel nostro contesto, la legge mira a evitare che alcuni lavoratori restino tutelati solo sulla carta: l’obbligo c’è ed è sostanziale, ma deve tradursi in un risultato equo senza diventare un onere irragionevole per l’impresa. In sintesi, obbligo sì, ma flessibile: la clausola sociale impone di assorbire il personale uscente “nella misura compatibile” con le necessità del servizio e con la struttura organizzativa del nuovo appaltatore. Ogni diversa interpretazione rigida verrebbe probabilmente bocciata in giudizio per eccesso di compressione della libertà d’impresa, oltre che per violazione del principio per cui nessuno può essere obbligato a compiere l’impossibile.

Come devono agire le stazioni appaltanti – Le amministrazioni aggiudicatrici, nel predisporre le gare, devono formulare le clausole sociali in modo chiaro e fornire ai concorrenti tutte le informazioni necessarie sul personale da assorbire. Affinché le offerte possano essere formulate consapevolmente, la documentazione di gara dovrebbe indicare con precisione i dati essenziali: numero dei lavoratori attualmente impiegati dall’appaltatore uscente, tipologie di mansioni svolte, orari e monte ore, inquadramento contrattuale, livelli retributivi, anzianità di servizio, eventuali categorie protette (ad es. lavoratori ex art. 18 L. 68/1999). Questi elementi permettono all’impresa concorrente di valutare l’impatto del riassorbimento e i relativi costi, predisponendo un’offerta economica adeguata. La Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 6717/2025 ha confermato che una clausola di riassorbimento è valida anche se i dati sul personale uscente non sono dettagliati al 100%, purché siano sufficienti a formulare un’offerta informata. Non si può pretendere che la stazione appaltante conosca ogni particolare (ad esempio le preferenze individuali dei lavoratori), ma deve fornire un quadro completo su numero di addetti, qualifiche e condizioni contrattuali in essere. Qualora l’appalto sia suddiviso in lotti, sarà opportuno specificare la ripartizione del personale per ciascun lotto e la corrispondenza tra le attività del lotto e quelle svolte dai lavoratori coinvolti. In caso contrario, il rischio è che gli operatori economici sovrastimino o sottostimino l’onere sociale, falsando la gara. Le amministrazioni devono quindi esercitare la massima trasparenza sui profili occupazionali, nel rispetto della privacy, e inserire clausole sociali formulate in modo non ambiguo. Ad esempio, se si richiede di garantire una percentuale di nuove assunzioni a categorie specifiche, va indicata la soglia (10%, 30%...) e a quali categorie si riferisce (donne, giovani under 36, disabili ecc.), specificando se le percentuali sono distinte o cumulabili. Errori o lacune nella stesura della clausola possono dar luogo a contenziosi: un bando poco chiaro sull’obbligo di assunzione o privo di dati sul personale potrebbe essere impugnato dai concorrenti, oppure rendere difficile valutare le offerte in modo omogeneo.

Impatto sulle imprese concorrenti – Dal lato delle imprese, le clausole sociali rappresentano un elemento da considerare con grande attenzione già in fase di partecipazione alla gara. Poiché l’offerta tecnica deve spesso includere un piano di riassorbimento del personale e misure concrete per attuare le pari opportunità, le aziende concorrenti devono pianificare accuratamente come assolveranno tali impegni. Non basta una dichiarazione generica di intenti: è necessario presentare un progetto dettagliato. Ad esempio, se il bando richiede di garantire almeno il 15% di nuove assunzioni riservate a giovani sotto i 36 anni, l’impresa dovrà indicare nella propria offerta come raggiungerà tale obiettivo (quanti giovani intende assumere, su quale totale di assunzioni previste, con quali profili professionali, ecc.). Questo progetto spesso costituisce parte integrante dell’offerta tecnica e viene valutato dalla commissione giudicatrice in sede di attribuzione del punteggio. La T.A.R. Campania, Napoli, sent. n. 3916/2025 ha evidenziato che l’effettività dell’impegno va valutata già in sede di gara: non è sufficiente dichiarare l’intenzione di rispettare la clausola, bisogna dimostrare nell’offerta in che modo concreto lo si farà, pena l’esclusione. Analogamente, la T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, sent. n. 786/2025 ha ritenuto legittima l’esclusione di un concorrente che non aveva allegato all’offerta tecnica il piano richiesto per garantire almeno il 10% di occupazione giovanile/femminile, presentandolo solo tardivamente. In quel caso, il TAR ha giudicato corretta l’esclusione perché la produzione successiva del piano avrebbe alterato l’offerta originaria, violando il principio di par condicio: il piano di assorbimento era un elemento essenziale dell’offerta tecnica, da produrre nei termini fissati dal bando. Questo precedente insegna che le imprese non possono sottovalutare l’obbligo: ogni richiesta relativa alla clausola sociale indicata come requisito dell’offerta va soddisfatta puntualmente, altrimenti l’offerta sarà irricevibile. Se il disciplinare di gara specifica “a pena di esclusione” per la mancata presentazione del progetto di riassorbimento, tale indicazione è pienamente legittima (non viola il principio di tassatività delle cause di esclusione perché attua una previsione di legge) e sarà applicata con rigore. Pertanto, il concorrente deve organizzarsi per tempo, raccogliere le informazioni necessarie, eventualmente avviare interlocuzioni con il personale uscente o con l’azienda uscente (quando possibile), e predisporre un piano realistico e dettagliato da allegare alla propria offerta.

Esecuzione del contratto e controllo degli obblighi – Una volta aggiudicato l’appalto, l’impresa vincitrice è tenuta ad onorare gli impegni assunti con la clausola sociale durante tutta la fase di esecuzione del contratto. È importante sottolineare che l’obbligo non si esaurisce con la presentazione del piano in gara: quel piano diventa vincolante e la stazione appaltante ne verificherà l’attuazione. Se, ad esempio, l’impresa si è impegnata ad assumere 5 unità del personale uscente e a raggiungere il 30% di nuove assunzioni femminili, dovrà poi procedere in tal senso. La pubblica amministrazione controllerà periodicamente il rispetto di tali condizioni (spesso è previsto un monitoraggio a cadenza semestrale o annuale, con relazioni che l’aggiudicatario deve fornire). L’eventuale inadempimento della clausola sociale costituisce un grave illecito contrattuale. In base all’art. 119 del nuovo Codice (Allegato II.3, sezione sulle condizioni di esecuzione), la P.A. può applicare penali economiche per ogni mancato raggiungimento degli obiettivi (es. una penale per ogni lavoratore non assorbito rispetto a quanto promesso, o per ogni punto percentuale di scostamento dal target di assunzioni femminili/giovanili). Nei casi più gravi o reiterati, la stazione appaltante può arrivare a risolvere anticipatamente il contratto per inadempimento. Inoltre, un’impresa che non rispetta gli obblighi di parità e riassorbimento potrebbe incorrere in valutazioni negative che influenzano il suo rating di impresa o affidabilità per gare future. Va detto però che le tutele per i lavoratori non assunti non vengono meno: se alcuni lavoratori del gestore uscente non vengono riassorbiti perché eccedenti, essi avranno comunque diritto agli ammortizzatori sociali previsti (NASpI, cassa integrazione, etc.), secondo le procedure concordate con i sindacati. In ogni caso, la clausola sociale tende a ridurre al minimo tali esuberi, perseguendo l’obiettivo di “nessun lavoratore lasciato indietro” nelle commesse pubbliche.

Consigli pratici e conclusioni – L’introduzione generalizzata delle clausole sociali comporta nuove sfide sia per le stazioni appaltanti che per le imprese partecipanti. Le prime devono aggiornare i propri schemi di bando e capitolati per includere correttamente questi obblighi, evitando formulazioni vaghe o eccessivamente gravose. È opportuno che la P.A. valuti caso per caso la portata della clausola: ad esempio, in un appalto di servizi di pulizia con molti addetti, sarà cruciale inserire l’obbligo di assorbimento del personale indicando con precisione numeri e condizioni; in un appalto altamente specialistico di consulenza (dove la prestazione è intellettuale e non c’è manodopera dedicata), potrebbe essere giustificata una deroga motivata alla clausola. Ogni clausola sociale deve essere calibrata sul tipo di appalto, per essere ragionevole e applicabile. Dal lato delle imprese, diventa fondamentale acquisire competenze e preparazione su questi temi: non solo leggere attentamente i bandi per capire gli obblighi sociali richiesti, ma anche pianificare strategie per adempiervi senza compromettere l’efficienza aziendale. Ciò può voler dire, ad esempio, prevedere percorsi di riqualificazione interna per assorbire personale con mansioni diverse, oppure riorganizzare i team di lavoro per far spazio ai dipendenti uscenti mantenendo la produttività. Le aziende dovranno considerare nei propri conti economici i costi di tali assunzioni (che spesso sono già ribaltati nel prezzo di gara come costo del personale minimo) e magari utilizzare gli strumenti di flessibilità consentiti (come contratti part-time, se compatibili, o l’assorbimento graduale man mano che si liberano posizioni). In ogni caso, ignorare o sottovalutare la clausola sociale non è un’opzione: bisogna trasformare l’obbligo in un’opportunità, integrando le nuove risorse nel proprio organico e valorizzandole. Una gestione accorta di questi adempimenti può anche migliorare il clima aziendale e la reputazione dell’impresa (molte amministrazioni apprezzano e premiano chi mostra responsabilità sociale d’impresa).

In conclusione, la clausola sociale negli appalti pubblici è oggi un passaggio obbligato, frutto di una precisa scelta legislativa di coniugare efficienza e solidarietà. Come spesso accade, la sfida sta nell’equilibrio: “summum ius, summa iniuria” – il massimo rigore del diritto può trasformarsi in massima ingiustizia – se applicato senza buon senso. Le norme e i giudici chiedono allora un approccio mite ma fermo: tutela dei lavoratori sì, senza però strangolare l’iniziativa economica privata. Pubbliche amministrazioni e imprese devono collaborare per attuare clausole sociali efficaci ma sostenibili, ciascuno facendo la propria parte. La P.A. definisca regole chiare, fornisca dati completi e controlli con rigore ex post; le imprese adeguino le proprie offerte e organizzazioni tenendo conto di questi obblighi. Quando entrambe le parti operano con trasparenza e responsabilità, la clausola sociale può realmente tradursi in uno strumento di progresso condiviso – un punto di incontro tra giustizia sociale e logiche di mercato, in cui la gara pubblica non ha né vincitori né vinti sul piano dei diritti, ma anzi diventa volano di crescita equa.

Hai bisogno di assistenza per applicare correttamente le clausole sociali nei tuoi appalti o per affrontare una gara che le prevede? Contatta LexAppalti per una consulenza giuridica mirata: il nostro team di esperti affianca sia le stazioni appaltanti che le imprese, offrendo supporto operativo in ogni fase della gara, dalla predisposizione dei bandi inclusivi alla redazione di piani di riassorbimento efficaci. Affidarsi a professionisti aggiornati in materia di appalti pubblici può fare la differenza: LexAppalti è al tuo fianco per trasformare gli obblighi normativi in opportunità di successo, garantendo procedure conformi e serene, nel rispetto di tutti gli attori in gioco. Mettiti in contatto con noi oggi stesso e scopri come le nostre soluzioni su misura possono aiutarti a navigare con sicurezza nel complesso mondo degli appalti pubblici.

Inviaci un messaggio

Qui puoi caricare eventuali documenti in tuo possesso. Saranno poi esaminati dal nostro staff.

... oppure chiamaci via telefono o Whatsapp al numero: 0455867034