Contratti Collettivi e Tutela Salariale negli Appalti: La Cassazione Ridefinisce i Parametri di Garanzia per i Lavoratori
L'evoluzione giurisprudenziale tra clausole contrattuali vincolanti e principi di parità di trattamento nella fase esecutiva degli appalti pubblici
Il panorama giurisprudenziale del 2025 si arricchisce di orientamenti decisivi che ridefiniscono i rapporti tra stazioni appaltanti, operatori economici e tutela dei diritti dei lavoratori negli appalti pubblici. La sentenza n. 12276 del 9 maggio 2025 della Cassazione civile, Sezione Lavoro, segna un punto di svolta nell'interpretazione dell'obbligatorietà dei contratti collettivi nazionali di lavoro negli appalti di servizi, stabilendo principi destinati a incidere profondamente sulla prassi contrattuale e sulla tutela dei diritti dei lavoratori.
La Suprema Corte ha chiarito definitivamente che quando i bandi di gara e i capitolati speciali d'appalto individuano specificamente un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro quale parametro per il trattamento economico e normativo minimo da garantire ai lavoratori impiegati nell'esecuzione del servizio, tale indicazione vincola l'aggiudicatario all'applicazione di quel contratto collettivo, anche quando l'impresa appaltatrice sia una cooperativa sociale che applichi ordinariamente il proprio contratto collettivo di settore.
L'orientamento consolidato dalla Cassazione trova il suo fondamento nell'esigenza di evitare fenomeni di concorrenza sleale con sperequazioni al ribasso nelle operazioni di gara e di garantire ai lavoratori occupati nelle medesime attività, con le stesse mansioni e nella stessa zona, un trattamento paritario. Tale previsione mira ad evitare comportamenti delle imprese idonei ad alterare le regole concorrenziali e, allo stesso tempo, a salvaguardare la parità di trattamento tra lavoratori, garantendo a coloro che sono occupati nell'esecuzione di appalti e subappalti specifici standard di tutela reddituale e occupazionale appositamente individuati.
La decisione assume particolare rilevanza nell'attuale contesto normativo, dove il nuovo Codice dei Contratti Pubblici ha confermato e rafforzato l'attenzione verso la tutela dei diritti dei lavoratori negli appalti pubblici. L'articolo 108, comma 9, del decreto legislativo n. 36 del 2023 prevede espressamente che nell'offerta economica l'operatore indichi, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La Cassazione ha precisato che l'interpretazione degli atti di gara deve basarsi sul tenore letterale dei bandi e dei capitolati, che quando recano non un generico rinvio al contratto collettivo del settore ma nominano uno specifico contratto collettivo, intendono riferirsi a quel testo contrattuale nominativamente individuato. Le lettere di invito e le lettere di chiarimenti della stazione appaltante hanno una funzione meramente specificatrice rispetto al bando e non hanno idoneità a modificare, derogare o sconfessare le fonti della procedura di gara nelle quali, unicamente, deve essere ricercata la regolamentazione della procedura stessa.
Particolarmente significativa appare la qualificazione giuridica delle clausole dei bandi di gara che impongono l'obbligo alla società aggiudicataria di garantire ai lavoratori impiegati nell'appalto un trattamento minimo non inferiore a quello di un determinato contratto collettivo. La Suprema Corte ha stabilito che tali clausole si configurano come clausole a favore di terzi che fanno sorgere in capo ai lavoratori impiegati nella esecuzione delle opere appaltate un diritto soggettivo, nei confronti del datore di lavoro, all'osservanza della contrattazione collettiva.
Tale interpretazione non integra violazione dell'articolo 39 della Costituzione poiché le previsioni normative vanno lette come richiamo ai contratti collettivi quale parametro di riferimento del trattamento da riconoscere ai dipendenti impiegati nell'appalto, e non come statuizioni idonee ad incidere sulla efficacia dei contratti collettivi assegnando ad essi effetti erga omnes.
L'evoluzione giurisprudenziale si inserisce nel più ampio quadro delle modifiche introdotte dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che ha ridefinito anche il sistema di tutela processuale. L'articolo 209 ha sostituito integralmente l'articolo 120 del codice del processo amministrativo, prevedendo che gli atti delle procedure di affidamento e di concessione disciplinate dal nuovo Codice sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente, con l'obbligo di indicare in tutti gli atti di parte e in tutti i provvedimenti del giudice il codice identificativo di gara (CIG).
La sentenza della Cassazione ha inoltre chiarito che l'adeguato contemperamento tra i minimi di trattamento garantiti alla generalità dei lavoratori impiegati in un appalto e le peculiarità dello scopo perseguito dalle cooperative sociali deve ritenersi attuato attraverso e nei limiti delle specifiche previsioni legislative e contrattuali che disciplinano gli appalti riservati e le deroghe per il personale svantaggiato, senza che vi sia spazio per ipotizzare una deroga generalizzata ai trattamenti minimi garantiti dalla legge in virtù della funzione di rilievo costituzionale propria delle cooperative sociali.
Come osservava Cicerone nel De Officiis, "Summum ius summa iniuria" - il diritto portato all'estremo diventa ingiustizia. Questo principio trova applicazione nell'equilibrio che la giurisprudenza ha saputo trovare tra la tutela dei diritti dei lavoratori e le esigenze di flessibilità del mercato degli appalti pubblici.
L'orientamento consolidato dalla Cassazione civile rappresenta un elemento di certezza per tutti gli operatori del settore, dalle stazioni appaltanti agli operatori economici, fino ai lavoratori stessi. La chiarezza interpretativa fornita dalla Suprema Corte contribuisce a ridurre il contenzioso e a garantire una maggiore prevedibilità delle conseguenze giuridiche derivanti dalla partecipazione alle procedure di gara.
L'evoluzione normativa e giurisprudenziale testimonia la maturità raggiunta dal sistema italiano degli appalti pubblici, dove la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori si coniuga con le esigenze di efficienza e concorrenza, creando un quadro di garanzie che risponde alle sfide della modernizzazione del settore pubblico
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