Criteri Ambientali Minimi e Digitalizzazione: Le Nuove Frontiere del Diritto degli Appalti secondo il Consiglio di Stato
L'evoluzione giurisprudenziale tra sostenibilità ambientale e innovazione tecnologica nelle procedure di affidamento
Il panorama giurisprudenziale del Consiglio di Stato in materia di appalti pubblici si arricchisce di orientamenti innovativi che delineano con crescente precisione i confini applicativi delle nuove disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici. L'analisi delle pronunce più recenti rivela un'attenzione particolare verso due direttrici fondamentali: l'integrazione obbligatoria dei criteri ambientali minimi nelle procedure di gara e l'implementazione delle tecnologie digitali nei processi di affidamento.
La sentenza n. 2799 del 2023 del Consiglio di Stato segna un punto di svolta nell'interpretazione dell'obbligatorietà dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), stabilendo che tali criteri devono essere necessariamente inseriti nella documentazione di gara fin dal momento della sua indizione, anche nel caso di accordi quadro o convenzioni quadro. La Suprema Magistratura amministrativa ha chiarito che tale obbligo, derivante dagli articoli 34 e 71 del previgente Codice, è inderogabile e si applica a tutte le procedure di affidamento, indipendentemente dalla tipologia e dal valore dell'appalto.
Particolarmente significativa appare la precisazione relativa agli accordi quadro "completi" stipulati con un solo operatore economico, dove tutte le condizioni di esecuzione devono essere fissate nell'accordo stesso. In questi casi, la documentazione relativa ai CAM deve essere resa disponibile ab initio e non può essere fornita solo successivamente all'aggiudicatario. La ratio di tale previsione è duplice: consentire a tutti i partecipanti di formulare un'offerta consapevole e adeguata sulla base di elementi completi, e garantire che la disciplina della procedura di affidamento sia costruita in modo da assicurare il rigoroso rispetto dei CAM.
L'evoluzione normativa introdotta dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici conferma e rafforza questo orientamento, prevedendo all'articolo 108 che nelle attività di approvvigionamento di beni e servizi informatici, le stazioni appaltanti debbano sempre considerare gli elementi di cybersicurezza, attribuendovi specifico e peculiare rilievo nei casi in cui il contesto di impiego è connesso alla tutela degli interessi nazionali strategici.
La giurisprudenza più recente evidenzia inoltre l'importanza della corretta applicazione dei criteri di aggiudicazione nell'era della digitalizzazione. La sentenza n. 3394 del 2024 ha precisato che la certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2015 richiesta quale requisito di capacità tecnica e professionale deve essere specificamente riferita al settore oggetto dell'appalto e non può ritenersi soddisfatta dal possesso di una certificazione genericamente attinente ad attività affini.
Il principio di equivalenza delle certificazioni, pur applicabile, richiede che l'operatore economico fornisca, già in sede di gara e non successivamente, la prova dell'equivalenza funzionale tra la certificazione posseduta e quella richiesta, nonché delle ragioni che hanno impedito l'ottenimento della certificazione prescritta. Tale orientamento si inserisce nel più ampio quadro della tutela della concorrenza e della qualità delle prestazioni, dove l'amministrazione gode di un'ampia discrezionalità nell'individuazione dei requisiti tecnici, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all'interesse pubblico perseguito.
La digitalizzazione delle procedure trova ulteriore conferma nell'articolo 93 del nuovo Codice, che prevede espressamente che la commissione giudicatrice operi attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale per la valutazione della documentazione di gara e delle offerte dei partecipanti, con possibilità di riunirsi con modalità telematiche che salvaguardino la riservatezza delle comunicazioni.
L'approccio del Consiglio di Stato si caratterizza per un equilibrio tra innovazione e garanzie procedurali, come emerge dalla sentenza n. 2229 del 2024 in materia di ricambi equivalenti per autobus destinati al servizio di trasporto pubblico. La Suprema Magistratura ha stabilito che non hanno natura immediatamente escludente le clausole che richiedono, oltre alla dichiarazione di equivalenza, anche una certificazione di conformità o una specifica omologazione del ricambio, purché quest'ultima possa essere rilasciata non solo dal costruttore del mezzo ma anche da organismi terzi.
Come osservava Cicerone nel De Officiis, "Nihil est tam populare quam bonitas" - nulla è tanto gradito al popolo quanto la bontà. Questa massima trova piena applicazione nel diritto degli appalti contemporaneo, dove la "bontà" dell'azione amministrativa si manifesta attraverso la ricerca dell'equilibrio tra efficienza, sostenibilità e innovazione tecnologica.
L'orientamento giurisprudenziale delineato dal Consiglio di Stato traccia dunque un percorso evolutivo che, pur mantenendo saldi i principi fondamentali della concorrenza e della trasparenza, si apre alle sfide della modernizzazione e della sostenibilità ambientale. La strada intrapresa dalla giurisprudenza amministrativa appare coerente con le direttive europee e con le esigenze di una pubblica amministrazione sempre più orientata verso l'efficienza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini.
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