L'Ombra dell'Esclusione: Discrezionalità e Difesa nei Casi di "Grave Illecito Professionale"
La valutazione del "grave illecito professionale" ai sensi dell'articolo 98 del nuovo Codice segna un significativo trasferimento di potere alla stazione appaltante, che acquisisce un'ampia discrezionalità nel giudicare l'affidabilità di un operatore. Per le imprese, la difesa passa da una logica reattiva a una strategia di conformità proattiva
Nel complesso sistema delle cause di esclusione dalle gare pubbliche, la nozione di "grave illecito professionale" ha sempre rappresentato un'area grigia, fonte di incertezza e di vasto contenzioso. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, pur tentando di fare chiarezza con la disciplina contenuta negli articoli 95 e 98, ha di fatto consacrato un principio: la valutazione sull'affidabilità e l'integrità di un operatore economico è un giudizio eminentemente discrezionale, rimesso quasi interamente al prudente apprezzamento della stazione appaltante. Come scriveva William Faulkner, "The past is never dead. It's not even past" (Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato). Questa massima letteraria coglie perfettamente l'essenza della norma: condotte passate, anche se non ancora definite da una condanna passata in giudicato, possono essere evocate dal passato per fondare un giudizio sull'affidabilità presente di un'impresa, trasformando ogni gara in un potenziale processo al suo "carattere".
La Stazione Appaltante come Dominus: Ampiezza della Discrezionalità e Limiti del Sindacato Giurisdizionale
Il nuovo impianto normativo distingue nettamente tra cause di esclusione automatiche (art. 94), che operano de jure al verificarsi di determinati presupposti, e cause di esclusione non automatiche (art. 95), che richiedono una valutazione discrezionale. Il grave illecito professionale rientra in questa seconda categoria, e la sua valutazione è "interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante".
La sentenza del TAR Napoli, 14 maggio 2025, n. 3744 è emblematica di questo indirizzo. In tale pronuncia, i giudici hanno ribadito che la stazione appaltante è domina assoluta di questa valutazione, stabilendo essa stessa "il punto di rottura dell'affidamento" nel contraente. Il sindacato del giudice amministrativo, di conseguenza, è di tipo "debole": non può sostituire la propria valutazione a quella dell'amministrazione, ma può censurarla solo in caso di "palese illogicità", irragionevolezza manifesta o travisamento dei fatti.
La stazione appaltante deve fondare la sua valutazione su "adeguati mezzi di prova" (art. 98, c. 6). L'articolo 98, comma 3, fornisce un elenco esemplificativo e non tassativo di condotte che possono integrare un grave illecito, tra cui tentativi di influenzare il processo decisionale, la fornitura di informazioni false o fuorvianti, o significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto. Anche una misura cautelare o una sentenza penale non definitiva possono costituire un "adeguato mezzo di prova".
Questa enorme latitudine concessa alla stazione appaltante nella scelta e nella valutazione delle prove determina, nella prassi, una vera e propria inversione dell'onere probatorio. Sebbene la norma ponga in capo all'amministrazione l'onere di "dimostrare" l'illecito, la debolezza del successivo sindacato giurisdizionale fa sì che, una volta che la PA abbia prodotto un elemento probatorio plausibile (es. un provvedimento di risoluzione contrattuale per inadempimento), l'onere di persuadere della propria riacquistata affidabilità si sposti di fatto sull'operatore economico. La difesa più efficace non consiste più nel negare la gravità del fatto originario, ma nel dimostrare in modo convincente di aver posto in essere misure correttive tali da neutralizzarne gli effetti sulla propria attuale integrità.
Lo Scudo del Self-Cleaning (art. 96): l'Unica Difesa Efficace
In questo scenario, l'istituto del self-cleaning, o delle misure di autodisciplina, disciplinato dall'articolo 96, diventa l'unica, vera ancora di salvezza per l'impresa. Esso consente a un operatore "macchiato" da un illecito di dimostrare di essere tornato affidabile. Per farlo, deve provare di aver risarcito integralmente il danno, di aver collaborato attivamente con le autorità per chiarire i fatti e, soprattutto, di aver adottato "misure concrete di carattere tecnico, organizzativo e relative al personale, idonee a prevenire ulteriori reati o illeciti" (art. 96, c. 6).
Anche la valutazione sull'adeguatezza di tali misure è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante. La già citata sentenza TAR Napoli n. 3744/2025 offre un esempio illuminante: l'adozione di un nuovo modello organizzativo e il conseguimento di una certificazione ISO sono stati ritenuti sufficienti a fondare un nuovo giudizio di affidabilità, pur in presenza di una precedente condanna per infrazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Ciò dimostra che non è sempre necessario che tutte le misure di self-cleaning previste dalla norma concorrano, essendo sufficiente che quelle adottate siano ritenute, nel loro complesso, idonee a escludere la "permanente rilevanza dell'illecito". La tempestività, in questo contesto, è cruciale: misure adottate proattivamente, subito dopo il verificarsi del fatto, hanno un peso specifico ben maggiore di quelle presentate frettolosamente solo dopo l'avvio di un procedimento di esclusione.
Conclusione: dalla Contestazione Reattiva alla Conformità Proattiva
Nell'ambito del grave illecito professionale, l'aula di tribunale è l'ultima e spesso la più debole linea di difesa. La vera battaglia si combatte prima, attraverso una gestione del rischio e una politica di compliance aziendale proattive e rigorose. Come recita il motto latino, praemonitus, praemunitus (chi è preavvisato, è premunito). Le imprese devono anticipare i potenziali profili di criticità e costruire il proprio "fascicolo di affidabilità" ben prima che venga pubblicato un bando di gara.
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