Subappalto necessario negli appalti pubblici: regole e nuove sentenze
In che modo un’impresa può colmare la mancanza di requisiti di gara ricorrendo al subappalto necessario e cosa dicono le più recenti pronunce di TAR e Consiglio di Stato sulla validità di questo istituto nel nuovo Codice Appalti.
Cos’è il subappalto necessario e quando si applica
Il subappalto necessario – detto anche subappalto qualificante – è un istituto peculiare degli appalti pubblici che consente a un concorrente di colmare la mancanza di alcune qualificazioni SOA obbligatorie. In sostanza, se un’impresa non possiede la qualificazione richiesta per determinate lavorazioni indicate come categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria nel bando, può comunque partecipare alla gara dichiarando che affiderà quei lavori in subappalto a un soggetto debitamente qualificato. A differenza del subappalto “facoltativo”, che è una scelta libera dell’appaltatore già qualificato in tutto, il subappalto necessario è imposto dal difetto di qualificazione del concorrente in una categoria specialistica richiesta. Come sintetizzato dalla giurisprudenza, “il subappalto necessario si configura […] perché l’affidamento in subappalto […] delle lavorazioni riconducibili alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria è imposto dal difetto di qualifica del concorrente”. In altre parole, questo strumento funge da “ponte” per permettere la più ampia partecipazione alle gare (favor partecipationis), evitando che un’impresa sia esclusa solo perché priva di un determinato attestato, purché si impegni a colmare la lacuna rivolgendosi a imprese terze qualificate.
Le novità normative del 2023 e i dubbi sulla vigenza dell’istituto
L’uso del subappalto necessario in Italia trovava fondamento, in passato, nell’art. 12, comma 2 del D.L. 47/2014 (convertito in L. 80/2014) e nelle norme attuative del vecchio regolamento appalti. Questa norma consentiva, con alcuni limiti, ai concorrenti privi di qualificazioni in categorie specialistiche di subappaltare quelle lavorazioni obbligatoriamente a imprese qualificate, anziché essere esclusi. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023) – che ha abrogato il precedente Codice del 2016 – molti si sono chiesti se il subappalto necessario fosse ancora ammesso. Inizialmente, né l’art. 119 del nuovo Codice (che disciplina il subappalto) né altre disposizioni affrontavano espressamente questo tema, ritenuto “eccentrico” rispetto all’istituto generale del subappalto. Anzi, il legislatore delegato, nel Testo del 2023, aveva omesso riferimenti diretti, lasciando un vuoto interpretativo. La situazione si è ulteriormente complicata con il decreto “Correttivo” 2024 (D.Lgs. 209/2024), il quale, a fine 2024, ha esplicitamente abrogato l’art. 12 del D.L. 47/2014. Questo intervento normativo ha fatto temere a molti operatori che il subappalto necessario fosse stato eliminato dall’ordinamento, suscitando incertezze all’inizio del 2025.
Tuttavia, già la Relazione illustrativa al Codice 2023 e le prime pronunce avevano lasciato intendere il contrario. Ad esempio, il T.A.R. Lombardia, sez. IV, sent. n. 282/2025, ha evidenziato che l’entrata in vigore del nuovo Codice non aveva comportato un’abrogazione implicita del subappalto qualificante, confermando la continuità dell’istituto fino all’intervento esplicito del Correttivo. A sciogliere definitivamente ogni dubbio è intervenuto il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT): con il Parere n. 3526 del 3 giugno 2025, l’Autorità ministeriale ha chiarito che l’abrogazione dell’art. 12 D.L. 47/2014 non ha affatto eliminato il subappalto necessario. In pratica, secondo il MIT, questo strumento resta pienamente vigente e compatibile con il nuovo quadro normativo, in virtù dei principi di risultato e di massima partecipazione che animano la riforma. Il parere ministeriale richiama proprio il principio del risultato introdotto dal Codice 2023 e il favor partecipationis, sottolineando come permettere alle imprese prive di qualche requisito di partecipare comunque, appoggiandosi a terzi, sia coerente con una visione meno formalistica e più sostanziale delle gare d’appalto (utile per inutile non vitiatur).
L’obbligo di dichiarare il subappalto necessario in gara
Una questione cruciale è come gestire in concreto il subappalto necessario in sede di gara, soprattutto riguardo alla sua dichiarazione nei documenti di offerta. La normativa attuale (art. 100 del D.Lgs. 36/2023 e allegati) prevede che per lavori sopra €150.000 i concorrenti debbano possedere attestazioni SOA adeguate per le categorie previste, oppure, in mancanza, indicare soluzioni per coprire i requisiti mancanti. Ma il Codice non dettava espressamente le modalità di dichiarazione del subappalto qualificante. Qui è intervenuta in modo determinante la giurisprudenza amministrativa del 2024-2025, fissando alcuni paletti operativi.
In particolare, il T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV-ter, sent. n. 90 del 3 gennaio 2025 ha chiarito che tutte le categorie di opere scorporabili a qualificazione obbligatoria devono essere coperte: se il concorrente non le possiede, deve dichiarare sin dall’offerta l’intenzione di subappaltarle a soggetti qualificati. La mancata esplicita dichiarazione nel DGUE o nella domanda di partecipazione di voler ricorrere al subappalto necessario per colmare un proprio deficit di qualificazione comporta l’impossibilità di attivare tale meccanismo in un secondo momento. In altre parole, chi omette di dichiarare il subappalto necessario in fase di gara non può invocarlo dopo l’aggiudicazione né tramite soccorso istruttorio: l’impresa rischia l’esclusione poiché si presenterebbe priva di un requisito essenziale senza aver indicato come supplirvi. Questa posizione rigorosa, peraltro, era stata anticipata dal TAR Lazio già con una pronuncia del 2023 e trova conferma nel nuovo contesto: la chiarezza e la trasparenza nell’offerta prevalgono, in modo da garantire fin da subito che i lavori specialistici saranno eseguiti da operatori qualificati.
Va evidenziato però che l’obbligo per il concorrente è di indicare l’intento di subappaltare le lavorazioni specialistiche non coperte, non necessariamente di nominare già in gara il subappaltatore (il nominativo potrà essere comunicato successivamente, secondo le regole generali). Ciò che conta, dunque, è la manifestazione di volontà di utilizzare il subappalto in funzione “qualificante”. Su questo punto si era espressa anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato a fine 2024, ritenendo sufficiente che l’impresa dichiari in offerta le categorie che intende affidare in subappalto necessario, senza ulteriori formalità.
Massima partecipazione e soccorso istruttorio: la pronuncia del TAR Toscana
Un altro profilo delicato riguarda le conseguenze di un’eventuale dichiarazione incompleta o ambigua. Cosa accade, ad esempio, se l’offerente dichiara che subappalterà una categoria, ma non specifica se il subappalto è “necessario” (cioè dovuto a mancanza di qualifica) oppure meramente facoltativo? Su questo tema è intervenuta una importante sentenza del 2025 che tutela il principio di partecipazione evitando esclusioni inutilmente formalistiche.
Con la sentenza T.A.R. Toscana, Firenze, n. 900 del 20 maggio 2025, il tribunale ha affrontato il caso di un disciplinare di gara che imponeva, a pena di esclusione, di dichiarare espressamente il subappalto necessario nel DGUE. Nel caso concreto, l’impresa aggiudicataria aveva indicato di voler subappaltare il 100% di una categoria specialistica (OS28) su cui non era qualificata, ma senza usare il termine “subappalto necessario”. La stazione appaltante, attenendosi alla lettera della lex specialis, aveva inizialmente considerato tale omissione come causa di esclusione automatica. Il TAR Toscana ha invece ribaltato la prospettiva: ha dichiarato nulla la clausola del disciplinare che prevedeva quella causa di esclusione non espressamente tipizzata dalla legge. In base all’art. 10, comma 2, del Codice Appalti 2023, infatti, sono nulle e come non apposte le clausole della lex specialis che introducono ulteriori cause di esclusione non previste dalla normativa. Obbligare il concorrente a qualificare esplicitamente il subappalto come “necessario” pena l’estromissione è stata ritenuta un’aggiunta illegittima: la legge richiede sì la dichiarazione di subappalto per le lavorazioni non possedute, ma non prevede una formula sacramentale specifica come condizione di ammissione.
Il TAR ha valorizzato due principi fondamentali: da un lato il principio di conservazione degli atti (ut res magis valeat quam pereat), dall’altro il già citato favor partecipationis. Ne deriva che, in assenza di un divieto normativo chiaro, la commissione di gara ha fatto bene a non escludere la concorrente e ad attivare invece il soccorso istruttorio, chiedendo un’integrazione chiarificatrice. Così facendo, la stazione appaltante ha evitato un’esclusione fondata su una carenza formale, sanabile senza alcun pregiudizio per la parità di trattamento. La sentenza toscana sottolinea che la clausola escludente nulla non poteva produrre effetti: una volta disapplicata, l’operatore economico andava messo in condizione di regolarizzare la dichiarazione. Questo approccio pragmatico è perfettamente in linea con l’orientamento attuale di favorire la più ampia partecipazione alle gare e di riservare l’esclusione ai casi di irregolarità sostanziali non altrimenti rimediabili. Summum ius, summa iniuria – un eccesso di formalismo avrebbe sacrificato inutilmente la concorrenza, senza alcun vantaggio per la Pubblica Amministrazione.
I chiarimenti del Consiglio di Stato e le implicazioni operative
Le vicende giurisprudenziali del 2025 hanno trovato un approdo autorevole nella pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 7465 del 23 settembre 2025. Questo importante arresto, decidendo un contenzioso su una gara di lavori, ha ribadito alcuni punti fermi sul subappalto necessario, facendo sintesi degli orientamenti esaminati. In particolare, Palazzo Spada ha confermato che il subappalto necessario resta un meccanismo obbligatorio quando il concorrente è privo di una qualificazione richiesta in una categoria scorporabile: non basta un generico impegno a subappaltare se del caso, ma occorre una chiara dichiarazione dell’intenzione di subappaltare quelle specifiche lavorazioni per conseguire la qualificazione mancante. Nel caso concreto esaminato (una gara di lavori complessi per cui un RTI aveva dichiarato di subappaltare solo una parte percentuale di una categoria specialistica), il Consiglio di Stato ha ritenuto insufficiente quella dichiarazione parziale: se l’offerente non copre integralmente le lavorazioni specialistiche, la sua offerta risulta non conforme ai requisiti, a meno che non abbia esplicitato la volontà di subappaltare tutto il necessario con un subappalto qualificante. In sostanza, l’Adunanza ha dato un segnale di rigore: il subappalto necessario va utilizzato correttamente, dichiarando in gara l’eventuale affidamento integrale delle opere per cui non si è qualificati, pena l’esclusione o la perdita dell’aggiudicazione.
Allo stesso tempo, il Consiglio di Stato nella sentenza n. 7465/2025 ha fatto propri i principi di interpretazione sistematica della lex specialis e di proporzionalità: le clausole di gara vanno lette in modo coerente con l’intero contesto contrattuale e con la normativa di riferimento. Ciò significa che, laddove il disciplinare non sia chiaro o introduca obblighi non previsti dalla legge (come nel caso toscano sopra citato), prevale l’interpretazione che salvaguardi la validità delle offerte e la competizione. Inoltre, la sentenza ha toccato anche il tema delle dichiarazioni non veritiere o inesatte rese in offerta (ad esempio, progettisti indicati con ruoli impropri): il Collegio di Palazzo Spada ha ricordato che in caso di informazioni inesatte rilevanti per il punteggio o per l’ammissione, la stazione appaltante deve valutarne l’impatto e può ricorrere al soccorso istruttorio se si tratta di elementi marginali e rettificabili, evitando sanzioni espulsive sproporzionate. Questa digressione, pur non riguardando direttamente il subappalto necessario, rafforza l’idea di un approccio meno formale e più sostanziale nella gestione delle gare, in linea con lo spirito del nuovo Codice improntato alla fiducia tra P.A. e operatori economici.
Consigli pratici per imprese e stazioni appaltanti
Dalle novità esaminate emergono indicazioni operative importanti. Per le imprese concorrenti, il messaggio è chiaro: valutare attentamente i propri requisiti di qualificazione prima di partecipare e, se si individua una carenza in qualche categoria specialistica, dichiarare subito l’intenzione di ricorrere al subappalto necessario per quelle lavorazioni. Ciò va esplicitato già nel DGUE o nella domanda di partecipazione, indicando le categorie o lavorazioni che si intendono subappaltare a terzi qualificati. È bene usare termini chiari e coerenti con la legge (ad esempio, specificando che il subappalto riguarderà le opere X ai sensi dell’art. 100 co.4 del Codice, in quanto non si possiede la relativa attestazione). In questo modo si evitano contestazioni o, peggio, esclusioni in sede di verifica. Le imprese devono ricordare che “mettersi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo” – come scriveva Henry Ford – e nel mondo degli appalti ciò si traduce nella capacità di fare rete, attraverso subappalti o avvalimenti, per raggiungere i requisiti richiesti e competere con successo.
Dal lato delle Stazioni Appaltanti, è fondamentale predisporre bandi e disciplinari che rispettino i limiti imposti dall’art. 10 del Codice: evitare di inserire cause di esclusione ulteriori non previste dalle norme. Se si desidera richiamare l’obbligo di dichiarazione del subappalto necessario, lo si può fare in modo non sanzionatorio, ad esempio invitando i concorrenti a indicare la volontà di subappalto per le categorie speciali, ma senza previsioni di esclusione automatica per mere omissioni formali. In caso di dubbi interpretativi sulle dichiarazioni dei partecipanti, gli uffici di gara dovrebbero propendere per il soccorso istruttorio, laddove possibile, soprattutto quando l’integrazione non altera la sostanza dell’offerta ma serve solo a chiarire aspetti formali. Questo approccio collaborativo, oltre a essere conforme alla legge, evita contenziosi e ritardi, assicurando una più ampia partecipazione e concorrenza. Del resto, come insegna la recente esperienza giurisprudenziale, l’obiettivo comune dev’essere quello di non sprecare offerte valide per vizi sanabili, garantendo comunque che i lavori pubblici vengano eseguiti da soggetti qualificati. “Ubi lex voluit, dixit; ubi noluit, tacuit”: se la legge non impone una sanzione, è bene che sia l’amministrazione a usare prudenza e buon senso nel gestire le procedure di gara.
Conclusione
Il subappalto necessario si conferma, anche nel 2025, un istituto vivo e vitale nell’ambito degli appalti pubblici italiani. Nonostante i cambiamenti normativi recenti, la logica inclusiva sottesa a questo strumento è stata pienamente ribadita: l’ordinamento consente alle imprese di sopperire a eventuali mancanze di qualificazione coinvolgendo soggetti terzi, pur di non escluderle a priori dalla competizione. Le pronunce dei TAR e del Consiglio di Stato hanno tracciato una linea di equilibrio tra rigore (obbligo di dichiarazione tempestiva e completa del subappalto qualificante) e favor partecipationis (rifiuto di formalismi eccessivi e tutela delle offerte mediante soccorso istruttorio). Per gli operatori economici, ciò significa poter affrontare le gare con maggiore flessibilità, sapendo che è legittimo appoggiarsi a partner qualificati quando necessario, purché lo si dichiari correttamente. Per le stazioni appaltanti, significa dover vigilare sull’effettiva qualificazione di chi eseguirà i lavori, senza però introdurre barriere inutili oltre a quelle volute dal legislatore.
In definitiva, nel nuovo ecosistema degli appalti pubblici improntato alla fiducia e al risultato, il subappalto necessario rimane uno strumento prezioso: favorisce la partecipazione delle PMI e degli operatori meno strutturati, garantendo al contempo che “nessun lavoro resti scoperto” quanto a requisiti tecnici. Le recenti linee guida ministeriali e giurisprudenziali offrono un vademecum chiaro su come comportarsi. Le imprese farebbero bene a incorporare queste indicazioni nella preparazione delle offerte, magari con l’ausilio di professionisti del settore, per evitare errori evitabili. Le amministrazioni, dal canto loro, sono chiamate a bandire gare con regole chiare ma non penalizzanti, facendo un uso intelligente del soccorso istruttorio in caso di piccole sviste. Come recita un noto adagio latino, “ad impossibilia nemo tenetur”: nessuno può essere tenuto a fare l’impossibile, e chiedere a un’impresa priva di un requisito di eseguire direttamente certe lavorazioni sarebbe appunto impossibile – e contrario allo spirito del sistema. Meglio, dunque, consentirle di ricorrere a un subappaltatore qualificato, nel rispetto delle regole, così che l’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera si coniughi con la più ampia partecipazione e concorrenza.
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