Varianti negli appalti: le nuove regole del Codice appalti
La modifica dei contratti pubblici durante l’esecuzione è consentita solo in casi eccezionali. Scopri quali condizioni lo permettono, cosa prevede il nuovo Codice appalti e come si è espressa la giurisprudenza recente sulle varianti contrattuali
Varianti contrattuali negli appalti pubblici: perché sono un tema cruciale
Nel settore degli appalti pubblici, cambiare in corsa le carte del contratto è un’operazione da maneggiare con estrema cautela. Da un lato, le varianti in corso d’opera possono rivelarsi indispensabili per far fronte a eventi imprevisti o nuove esigenze sopraggiunte durante l’esecuzione di un contratto. Dall’altro lato, ogni modifica post-gara rischia di alterare l’equilibrio contrattuale concordato e di violare i principi di trasparenza e concorrenza. In passato le varianti sono state talvolta abusate per aggiustare contratti dopo l’aggiudicazione, ma la normativa odierna – complice anche il recepimento delle direttive UE – impone paletti stringenti. Il messaggio del legislatore e dei giudici è chiaro: le varianti sono l’extrema ratio, non la regola. Solo di fronte a reali necessità impreviste e nei limiti fissati dalla legge si può intervenire sul contratto senza dover rifare la gara. Altrimenti “leges suum finem habent” – le leggi hanno uno scopo preciso – e oltre quei limiti la variante diventa illegittima, esponendo l’ente a ricorsi e l’operatore economico a rischi di nullità degli atti.
Cosa dice il nuovo Codice Appalti sulle varianti
Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), entrato in vigore nel 2023 e già integrato dal decreto correttivo D.Lgs. 209/2024, dedica l’art. 120 al tema delle modifiche in corso di esecuzione. La regola generale è semplice a dirsi: i contratti pubblici non si possono modificare, a meno che ricorra una delle ipotesi tassative previste. Il principio di fondo è il rispetto della lex specialis della gara e dell’offerta aggiudicata: ogni intervento successivo è ammesso solo per non pregiudicare il risultato dell’appalto di fronte a circostanze imprevedibili o necessità particolari già contemplate nei documenti iniziali.
In particolare, l’art. 120 elenca i casi in cui una variante non richiede una nuova gara. Ecco le principali circostanze ammesse:
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Clausole di revisione previste nel bando: se i documenti di gara contenevano clausole chiare e precise che prevedono possibili modifiche (ad esempio opzioni, rinnovi, adeguamenti tecnici) senza alterare la natura del contratto, allora la modifica attuata secondo quelle clausole è legittima. In pratica, l’ente può aver “anticipato” future varianti già nel capitolato, definendone condizioni e limiti.
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Appalti supplementari con lo stesso contraente: sono le varianti necessarie per lavori, servizi o forniture supplementari non previsti inizialmente, quando un cambio di contraente risulterebbe impraticabile per motivi tecnici o economici o causerebbe un significativo disagio (anche in termini di costi) per la stazione appaltante. In tal caso, si può estendere il contratto esistente, ma con un limite: generalmente il valore aggiuntivo non deve superare il 50% dell’importo del contratto originario. Oltre quella soglia, infatti, si presume che la modifica sia troppo ampia e si rischia di snaturare l’affidamento, richiedendo quindi una nuova procedura di gara.
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Circostanze impreviste o imprevedibili (varianti in senso stretto): è la tipica variante in corso d’opera, ammessa solo se durante l’esecuzione emergono eventi eccezionali e non prevedibili ex ante. Il correttivo 2024 ha precisato meglio queste ipotesi, elencando quattro categorie:
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Nuove disposizioni di legge o atti di autorità sopravvenuti, che impongono cambiamenti al progetto (ad esempio una normativa tecnica ambientale entrata in vigore dopo la stipula, che richiede modifiche esecutive).
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Eventi naturali straordinari o cause di forza maggiore, come calamità, che incidono sull’opera in costruzione o sul servizio in appalto. Un esempio classico è il rinvenimento di reperti archeologici durante gli scavi: situazioni del tutto eccezionali che richiedono modifiche al progetto iniziale.
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Rinvenimenti o circostanze geologiche impreviste, ovvero ostacoli o condizioni del sottosuolo non conoscibili prima (malgrado la dovuta diligenza in fase di progettazione) che impongono varianti tecniche. Ad esempio, se durante i lavori emergono differenze nel terreno o interferenze sotterranee non mappate, può essere necessaria una variante per adeguare il progetto a queste realtà.
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Errori progettuali scoperti in corso d’opera: il nuovo comma introdotto dal correttivo considera espressamente anche i gravi errori o omissioni nel progetto esecutivo originario come circostanze che legittimano una variante. Se il progetto di base presenta falle tali da impedire la realizzazione a regola d’arte, la stazione appaltante può disporre modifiche correttive. In parallelo, sarà fondamentale accertare le responsabilità del progettista per recuperare i maggiori costi, ma intanto l’opera deve poter procedere correttamente – e la variante è lo strumento per farlo.
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Modifiche non sostanziali: il Codice chiarisce che sono sempre consentite, a prescindere dal valore, tutte le modifiche ritenute “non sostanziali”. Ma cosa significa non sostanziale? In pratica, una modifica è considerata non sostanziale quando non altera la natura complessiva del contratto e non incide sui principi di gara. Ad esempio, piccole variazioni di dettaglio, sostituzioni di materiali con equivalenti, modifiche che non avrebbero influenzato la partecipazione o l’esito della gara. Al contrario, una modifica diventa sostanziale (e quindi fuori legge, se non ricade nelle eccezioni viste sopra) quando: modifica la tipologia o la finalità principale dell’appalto; altera l’equilibrio economico a favore dell’appaltatore in modo non previsto; estende significativamente l’ambito del contratto oltre quanto inizialmente stabilito; oppure cambia la parte contraente (salvo il caso di fusioni aziendali o ristrutturazioni autorizzate dall’art. 120 stesso). In altri termini, se la modifica avesse potuto influire sull’importo offerto, sui concorrenti interessati o sulla scelta del vincitore, allora è una modifica sostanziale e non si può fare senza una nuova gara.
Riassumendo la normativa: fuori dai casi elencati, ogni variazione contrattuale è vietata. Il contratto deve rimanere quello aggiudicato. Questa rigidità serve a tutelare sia la par condicio tra i concorrenti (che hanno presentato offerte su certe condizioni, confidando che non cambino in corsa a favore di chi ha vinto) sia l’interesse pubblico a ottenere quanto previsto inizialmente. Le varianti ammesse, invece, sono valvole di sfogo per situazioni eccezionali, quando mantenere il contratto identico sarebbe impossibile o altamente svantaggioso per la P.A.
Varianti o nuovo appalto? Il confine tracciato dalla giurisprudenza
I tribunali amministrativi e il Consiglio di Stato, nel corso del 2024-2025, hanno più volte ribadito i confini delle varianti lecite, fornendo indicazioni utili a interpretare in concreto la normativa. Dalle decisioni emerge un principio comune: mai aggirare la gara con modifiche sostanziali mascherate da varianti. Vediamo alcuni casi emblematici:
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Migliorie tecniche vs varianti progettuali: Una recente controversia ha chiarito la linea di demarcazione durante la fase di gara, quando l’offerente propone soluzioni migliorative. Un’impresa era stata esclusa per aver offerto, in una gara per lavori di irrigazione, tubazioni in PVC al posto di quelle in polietilene espressamente richieste nel progetto base. L’impresa sosteneva che il PVC fosse un materiale equivalente e che la sua fosse una miglioria tecnica, non una variante progettuale. Ma i giudici hanno confermato l’esclusione: in quel bando, l’uso del polietilene era indicato come caratteristica minima essenziale, quindi proporre un materiale diverso significava violare un requisito fondamentale dell’appalto【Cons. Stato, sent. n. 82/2025】. In sostanza, dove la stazione appaltante ha fissato un paletto tecnico vincolante, non c’è spazio per modificarlo: qualunque deviazione è un aliud pro alio (letteralmente “una cosa per un’altra”) e comporta l’estromissione dalla gara o l’illegittimità dell’offerta. Questa sentenza insegna agli operatori economici che le migliorie sono ben viste solo se restano entro i confini tracciati dalla lex specialis. Se invece toccano le caratteristiche essenziali dell’opera o del servizio, diventano varianti non ammesse.
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Offerta economicamente più vantaggiosa e varianti migliorative: Sempre sul tema delle proposte migliorative, il Consiglio di Stato ha chiarito che nelle gare con criterio dell’offerta qualitativa (OEPV), salvo diversa previsione esplicita, sono legittime le modifiche progettuali proposte dall’offerente per ottenere punteggi premiali, a patto che non stravolgano l’oggetto del contratto. Con una formula efficace, i giudici hanno affermato che sono consentite tutte le soluzioni migliorative “purché non sfocino in varianti incidenti sulla tipologia, sulla struttura e sulla funzione dell’appalto, tali da integrare un mutamento dell’oggetto del contratto”【Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 2418/2025】. In altri termini, la concorrente può (anzi dovrebbe) ingegnarsi per proporre offerte migliorative e innovative, ma non può cambiare la natura sostanziale di ciò che l’Amministrazione ha messo a gara. Se il confine viene superato, la stazione appaltante deve escludere l’offerta come inammissibile. Questa pronuncia, in linea con l’esempio precedente, ribadisce l’importanza di definire nel bando i requisiti minimi e immodificabili: ciò che non è minimo può essere oggetto di creatività da parte dei concorrenti, ma ciò che è minimo va rispettato rigorosamente. “Rebus sic stantibus” – finché le cose stanno così come stabilite – l’offerta va formulata sul progetto base; solo restando negli stessi parametri si possono apportare migliorie.
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Aumenti di costo e revisione prezzi vs variante: Un altro ambito in cui ci si domanda se serva una variante è quello degli aumenti eccezionali dei prezzi durante contratti pluriennali. La recente ondata di rincari delle materie prime ha messo sotto stress molti appalti, con appaltatori tentati di chiedere adeguamenti. Ebbene, la giurisprudenza ha confermato un orientamento restrittivo: l’aumento dei costi, di per sé, non giustifica una variante o una revisione automatica dei prezzi. Ad esempio, il TAR Lombardia (Brescia) ha negato il diritto a un aumento corrispettivo in assenza di circostanze davvero straordinarie【TAR Lombardia, Brescia, sent. n. 413/2025】. In base al nuovo Codice (art. 60) e alla normativa civile (art. 1664 c.c.), solo se i costi lievitano oltre una certa soglia (tradizionalmente il 10%) e per cause eccezionali non prevedibili, si può attivare una rinegoziazione in buona fede. Ma attenzione: ciò non è affatto automatico. Occorre dimostrare concretamente l’impatto sull’equilibrio contrattuale e seguire le procedure previste (richiesta motivata, verifica dei presupposti, disponibilità di fondi etc.). Questo approccio conferma che il normale rischio d’impresa resta a carico dell’appaltatore, il quale deve tener conto di possibili oscillazioni di mercato in sede di offerta. Solo quando l’alea esce dall’ordinario e mette davvero a rischio l’esecuzione utile del contratto, la P.A. può e deve prendere provvedimenti (variante, revisione, compensazioni) per assicurare la realizzazione dell’opera o del servizio. Diversamente, “pacta sunt servanda”: il prezzo contrattuale resta quello, anche se al fornitore costa di più adempiere.
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Abusi e mancata gara: le conseguenze: Cosa succede se una variante illegittima viene comunque eseguita? Le conseguenze possono essere gravi. Sul piano amministrativo, l’atto di variante può essere annullato su ricorso di un concorrente escluso o segnalato come irregolarità da ANAC. Proprio l’ANAC nel 2025 ha rafforzato i controlli, richiedendo alle stazioni appaltanti di comunicare tutte le varianti significative e stigmatizzando prassi elusive. Inoltre, varianti fuori schema potrebbero configurare un affidamento diretto mascherato, con possibili responsabilità per danno erariale: la Corte dei conti ha più volte ricordato che affidare lavori extra senza gara può causare un danno economico se si pagano prezzi non competitivi. Infine, c’è il profilo civilistico: un cambio sostanziale non autorizzato potrebbe essere considerato nullo per contrasto con norme imperative, con rischio di mancato pagamento per l’appaltatore o di richieste di indennizzo complicate. Insomma, forzare la mano sulle varianti è un rischio sia per l’impresa sia per la P.A.: una sorta di “vittoria di Pirro” che può sfociare in contenziosi e perdite ben peggiori delle fatiche di una nuova gara.
Errori da evitare nella gestione delle varianti
Visti i principi, è utile elencare alcuni errori comuni che sia le imprese che le stazioni appaltanti devono evitare quando si parla di varianti contrattuali:
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Confondere il desiderabile con il necessario: Non ogni miglioramento o modifica conveniente giustifica una variante. Se un cambiamento rende l’esecuzione “migliore” ma non è strettamente necessario ai fini dell’interesse pubblico (e non era previsto), meglio inserirlo in un appalto futuro. Evitare di etichettare come “variante” ciò che è in realtà un’aggiunta voluttuaria non indispensabile.
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Saltare la motivazione rigorosa: Ogni variante richiede una determinazione motivata della stazione appaltante. L’errore è trattare la variante come un atto dovuto o automatico. Occorre invece un provvedimento espresso, con puntuale indicazione della causa legittimante (norma di riferimento) e delle ragioni tecniche o imprevedibili che la rendono necessaria. Senza motivazione, la variante è fragile e attaccabile.
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Non verificare i limiti quantitativi: Specialmente per le varianti di importo, l’ente deve fare attenzione ai massimali (es. il famoso 50% per lavori supplementari) e al bilancio disponibile. Autorizzare lavori extra oltre i limiti di legge espone a nullità della parte eccedente e responsabilità amministrativa. L’impresa dal canto suo dovrebbe rifiutare di eseguire extra non formalizzati o eccedenti, perché rischierebbe di non vedersi riconosciuto il relativo pagamento.
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Ignorare le formalità contrattuali: Una variante richiede normalmente un atto aggiuntivo al contratto (spesso un verbale di consegna varianti o addendum) firmato dalle parti e, se necessario, registrato. Procedere in modo informale, ad esempio concordando a voce modifiche in cantiere senza atto scritto, è un grave errore. Si rischiano contestazioni successivamente, specie se cambiano i referenti. Ogni modifica va cristallizzata in un atto formale.
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Non coinvolgere (o far tardi) gli organi di controllo: Per varianti significative, spesso la normativa richiede il parere di un organo tecnico (ad esempio, il Rup, il Direttore Lavori, o collaudatore) e la comunicazione ad ANAC. Dimenticarsene può invalidare la procedura. Anche l’impresa deve segnalare subito le circostanze che potrebbero dare luogo a variante: ad esempio, scoperto un imprevisto in cantiere, va immediatamente redatta e proposta una perizia di variante. Arrivare a fine lavori e poi presentare il conto è un errore che porta al rigetto delle richieste.
Cosa fare in concreto: consigli per PA e imprese
Alla luce di quanto esposto, ecco alcune pratiche virtuose per gestire correttamente (e serenamente) le varianti negli appalti:
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Programmare e prevenire: La stazione appaltante, in fase di gara, inserisca ove possibile clausole di revisione o opzioni per adattamenti futuri (entro certi limiti). Meglio prevedere a monte, nella documentazione di gara, gli scenari di modifica consentiti (per esempio aggiornamenti tecnologici, varianti migliorative, adeguamenti normativi) piuttosto che dover improvvisare dopo. Questo dà certezza a tutti gli attori.
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Definire i requisiti minimi: Sempre in gara, distinguere chiaramente tra requisiti/progetti intangibili e aspetti su cui sono ammesse proposte alternative. Un buon disciplinare specifica cosa deve essere realizzato esattamente come da progetto e dove invece l’offerente può proporre soluzioni differenti o migliorative. Ciò evita ambiguità e contenziosi come quelli visti nelle sentenze (materiale X vs Y ecc.).
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Monitorare l’esecuzione e documentare: L’impresa, dal canto suo, tenga traccia di ogni evento eccezionale. Se accade qualcosa di imprevisto, notificare subito al Rup la circostanza, magari con evidenza fotografica o relazione tecnica, chiedendo indicazioni. Questo attiva per tempo la procedura di variante, evitando sia ritardi sia di lavorare senza copertura contrattuale. Allo stesso modo, monitorare i costi: se un rincaro eccezionale rende antieconomica la fornitura, segnalare tempestivamente prima che il margine vada in fumo, chiedendo l’applicazione di eventuali clausole di revisione o la convocazione di un tavolo.
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Valutare alternative alla variante: A volte, di fronte a un ostacolo, la variante non è l’unica via. Si può considerare, ad esempio, un accordo transattivo con l’appaltatore per ridurre parte delle prestazioni non più utili e concentrarsi su altre, oppure sospendere temporaneamente il contratto in attesa di fondi aggiuntivi (quando legittimo). L’importante è non forzare soluzioni fuori dalle regole; meglio cercare un adattamento consensuale che rientri comunque nella cornice contrattuale.
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Consulenza e controllo preventivo: Sia per la PA che per l’impresa, quando si prospetta una modifica contrattuale rilevante, coinvolgere subito i legali esperti di appalti e l’ufficio gare. Un controllo preventivo di legittimità può evitare passi falsi. Ad esempio, prima di firmare una variante, verificare con un esperto se rientra nell’art. 120 e se richiede comunicazioni o autorizzazioni ulteriori. Questo approccio proattivo è sempre meno costoso di un contenzioso a posteriori.
Takeaway – Punti chiave
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Le varianti non sono la norma: vanno concepite solo come strumenti eccezionali per salvaguardare l’esecuzione dell’appalto di fronte a eventi imprevedibili o esigenze specifiche previste dal contratto iniziale. In tutti gli altri casi, modificare un contratto equivale a bypassare la gara ed è vietato.
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Regole chiare nel Codice: il nuovo Codice Appalti 2023 (art. 120) elenca in modo tassativo i casi ammessi. Clausole di revisione già inserite, lavori supplementari fino al 50%, circostanze impreviste (normative, naturali, tecniche) e modifiche non sostanziali: fuori da queste ipotesi, serve una nuova procedura di affidamento.
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Giurisprudenza vigile: TAR e Consiglio di Stato nel 2025 hanno ribadito tolleranza zero verso le modifiche che alterano la natura dell’appalto (aliud pro alio). Migliorie sì, ma senza toccare i requisiti essenziali; revisioni prezzi possibili, ma senza eliminare il normale rischio d’impresa. Ogni variante dev’essere motivata e proporzionata (“necessitas non habet legem, sed cautela non est mai troppa” – la necessità fa legge, ma la prudenza non è mai troppa).
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Operatività: imprese e PA devono prepararsi alle varianti con diligenza. Prevedere nei contratti clausole ad hoc, monitorare costantemente l’esecuzione, attivare subito le procedure quando occorre, e rispettare le formalità (atti scritti, pareri, autorizzazioni).
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Errori da evitare: niente varianti per semplice convenienza o perché “ci siamo accorti dopo” di qualcosa di migliorabile. Non superare i limiti quantitativi, non ignorare la necessità di atti formali e controlli. Le varianti fuori legge possono portare ad esclusioni, annullamenti e responsabilità.
In definitiva, la gestione corretta delle varianti è segno di professionalità di una stazione appaltante e di un operatore economico. Significa saper distinguere quando “tutto deve cambiare perché nulla cambi” – adattare cioè il contratto per assicurare l’opera voluta – da quando invece cambiare le carte in tavola tradirebbe la fiducia del mercato e delle regole.
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